Regia di Steven Spielberg vedi scheda film
Spielberg dà spesso l'idea di citare per mero e freddo accumulo, dato che non riesce mai davvero a rimarcare la bellezza di ciò che omaggia.
Che il romanzo best seller di Ernest Cline fosse arduo da tradurre in un blockbuster lo aveva osservato per primo proprio Cline, che difatti aveva imposto come clausola di scriverne lui stesso il copione (con Zak Penn). Ma nemmeno in questo modo si è potuto evitare il formarsi di concrezioni che sfrangiano il racconto e ne ingarbugliano i fili tematici. Narrativamente parlando è La fabbrica di cioccolato riscritto in termini videoludici e fantascientifici, con un genio dell'informatica che lascia in eredità la propria immersiva piattaforma di virtual reality a colui che saprà decifrare una serie di enigmi all'interno di essa (Tye Sheridan), così come il pubblico è tenuto a scovare la miriade di strizzatine d'occhio al mondo pop che il regista Steven Spielberg inserisce con cura fra le pieghe del film. Forse nel futuro la cultura di massa è destinata seriamente a ridursi a un fritto misto, ma Spielberg dà spesso l'idea di citare per mero e freddo accumulo, dato che non riesce mai davvero a rimarcare la bellezza di ciò che omaggia, per di più fagocitata dall'invasività di una grafica digitale insoddisfacente sul piano estetico. L'invito a non privarsi dell'impagabile autenticità della vita reale ha tuttavia un suo lato toccante per merito di Mark Rylance, magnifico interprete di un uomo che rimpiange fino all'ultimo la propria inettitudine a stringere rapporti con persone in carne ed ossa.
Anche la colonna sonora di Alan Silvestri è pregna di tributi al cinema di un tempo.
Film DISCRETO (6) — Bollino GIALLO
VISTO al CINEMA
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