Regia di Marc Meyers vedi scheda film
My friend Dahmer tiene un registro leggero da 'high school comedy', riuscendo a ritagliare momenti di umorismo macabro in un contesto nel quale a salire, con il passare dei minuti, sono di pari passo una genuina inquietudine ed un senso di disperata incredulità.
Un ragazzotto biondo e occhialuto, un po' gobbo e molto goffo, scorge dal finestrino dell'autobus su cui sta viaggiando la carcassa di un gatto morto distesa sull'asfalto: scende, va a raccoglierla e si avvia per portarsela a casa. Quel ragazzo si chiama Jeffrey Dahmer, e di lì a circa un anno, nell'estate del 1978, poco dopo il conseguimento del diploma, commetterà il primo di 17 efferatissimi omicidi: omicidi che perpetrerà a mani nude, col coltello o con il trapano, seguiti dallo squartamento del cadavere con la sega e da eventuali atti di cannibalismo.
My friend Dahmer parla di lui, ma di come era 'prima': prima di iniziare a lasciare dietro di sé la lunga scia di sangue per la quale è passato alla storia come "Il Mostro di Milwaukee".
Parla di un ragazzo all'ultimo anno di liceo, solo, triste e incapace di sorridere, figlio primogenito di una famiglia in dissoluzione, con la madre reduce dall'ospedale psichiatrico ed il padre, un chimico, assente e distante.
Parla della sua difficoltà ad instaurare rapporti con i coetanei, schernito dai compagni di scuola, scansato o al massimo ignorato, fino a quando il nuovo vezzo di simulare attacchi epilettici in mezzo alla gente non lo porta a farsi ben volere da tre nerd che lo scelgono come loro giullare.
Parla della sua ossessione per le ossa, che lo porta a raccattare animali morti per poi scoglierli nell'acido o conservarli in formaldeide.
E parla di come il collasso della situazione familiare, il diradarsi della frequentazione con i tre nerd, e l'ingresso di prepotenza dell'alcool nel menu giornaliero, lo portano a spostare via via più in alto l'asticella della follia, iniziando con il fare la bocca non più al sezionamento degli animali morti quanto allo smembramento di quelli vivi, per andare poi ancora oltre.
My friend Dahmer è stata prima di tutto una graphic novel scritta nel 2012 da John Backderf detto 'Derf', che altri non è che uno dei tre nerd con cui Dahmer si frequentò in quell'ultimo anno di liceo. È plausibile che, al momento di sapere - con l'arresto, nel 1991 - che quel tizio che reputava solo bizzarro era diventato un serial killer, qualcosa abbia spinto 'Derf' a rivisitare e rivivere tutta la storia da un punto di vista diverso, maturo e analitico. Sceneggiato e diretto da Marc Meyers partendo da quel testo, e girato nella stessa casa in cui egli effettivamente visse al tempo degli studi, My friend Dahmer è a tutti gli effetti il racconto di formazione di un mostro cannibale, e in quanto tale mette in scena il fallimento di un giovane uomo, di una famiglia che non lo ha compreso, e di una società che lo ha rifiutato; lo fa tenendo un registro leggero da 'high school comedy', e riuscendo a ritagliare momenti di umorismo macabro in un contesto nel quale a salire, con il passare dei minuti, sono di pari passo una genuina inquietudine ed un senso di disperata incredulità.
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