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La diseducazione di Cameron Post

Regia di Desiree Akhavan vedi scheda film

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La recensione su La diseducazione di Cameron Post

di pazuzu
7 stelle

Senza calcare ulteriormente su una drammaticità già evidente, Akhavan predilige un registro laconicamente ironico, puntando sul lato grottesco e assurdo delle varie vessazioni mostrate per farci sopra un sorriso amaro.

 

Nata e cresciuta in Montana, nella rigida provincia dell'entroterra americano, Cameron vive con la zia ultraconservatrice, ma lo fa nascondendole la propria vera indole: si lascia infatti corteggiare da un ragazzo a modo, con il quale ufficialmente è fidanzata, ma il vero amore lo esprime solamente con la coetanea Coley, ogni volta che sono sole, di nascosto da una comunità che altrimenti le giudicherebbe. Quando però, fortuitamente, lui le scopre baciarsi sui sedili della macchina, la notizia fa in men che non si dica il giro del circondario, e la zia decide di spedirla al God' Promise ('La Promessa di Dio'), un centro religioso all'interno del quale sarà trattata assieme ad altri giovani che, come lei, hanno bisogno di ricevere una 'terapia di conversione' che li guarisca dalla 'malattia' dell'omosessualità.

 

 

Ancor prima di entrare le viene requisita una cassetta dei Breeders "perché non cantano lodi al Signore", e una volta dentro la si avvisa che il diritto ad arredare la propria stanza, come tra gli altri quello ad avere accesso alla corrispondenza, andrà guadagnato con il tempo tenendo una condotta consona. Ad accoglierla sono il reverendo Rick e la dottoressa Lydia Marsh (dalla quale il primo afferma di esser stato guarito), i quali iniziano nei suoi confronti un bombardamento psicologico incentrato sul senso di colpa, che parte dall'assunto che le sue pulsioni sessuali siano sbagliate e vadano corrette cercando, tra una preghiera e l'altra, di risalire al trauma che le ha provocate.

 

 

Ambientato nel 1993 e tratto dall'omonimo romanzo di Emily Danforth, The Miseducation of Cameron Post ha prima di tutto il merito di portare a conoscenza di una realtà agghiacciante ed ancora terribilmente attuale, se è vero che centri di conversione come il God's Promise, ispirati alle teorie omofobe di Joseph Nicolosi (confutate in ogni sede perché non basate su metodi scientifici), ne esistono ancora oggi laddove non sono stati esplicitamente vietati.

 

 

A quattro mani con l'italiana Cecilia Frugiuele, la regista Desiree Akhavan (nata a New York da genitori iraniani) scrive una sceneggiatura semplice ma efficace, attenta a restituire alla protagonista e ai suoi compagni di sventura la dignità che il trattamento cui sono sottoposti vorrebbe negare loro, e a definire ciascuno dei personaggi in maniera tonda e credibile, passando anche per brevi scene di sesso omosessuale che sanno comunicare autentità e romanticismo - per merito, anche e soprattutto, della complicità tra Chloe Grace Moretz e Quinn Sheppard (rispettivamente Cameron e Coley). Senza calcare ulteriormente su una drammaticità già evidente, Akhavan predilige un registro laconicamente ironico, puntando sul lato grottesco e assurdo delle varie vessazioni mostrate per farci sopra un sorriso amaro (i sogni erotici interrotti dalla luce di una torcia puntata in faccia, gli esercizi di ginnastica 'gioiosa' eseguiti guardando una videocassetta al ritmo di raccapriccianti canzoncine christian pop), in un film che non eccelle per originalità, ma sa recapitare, chiaro e forte, un sentito messaggio in favore del sacrosanto diritto di ogni individuo all'autodeterminazione.

 

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