Regia di Lynne Ramsay vedi scheda film
Quasi inaspettatamente (si fa per dire) esageratamente acclamato dalla critica, che è stata capace di vedere nella regista addirittura una grande e promettente autrice, A Beautiful Day (tra le altre cose, perché affibbiare un titolo inglese diverso dall’originale per la distribuzione italiana rimane un mistero) non è altro che un tremendo polpettone malamente riscaldato di poltiglia già vista, stravista, digerita e rigurgitata che ha però il suo più grave demerito non nella mancanza d’originalità (ormai quasi inevitabile) ma nella sua asfissiante e masturbatoria auto-indulgenza.
Dire che “richiama” Taxi Driver si configura sicuramente come sfrontato esempio d’eufemistica moderazione: non lo “richiama”, lo saccheggia. Tutto ciò che ha da dire questo film (ammesso e non concesso che qualcosa da dire l’abbia) è già stato detto e molto meglio nell’intramontabile capolavoro di Scorsese.
E, dunque, cosa rimane del presente sedicente prodotto di elevato valore artistico? In perfetta antitesi, un quasi inguardabile nonché vacuo pastrocchio, denso di scene protratte all’infinito senza alcuna ragione, di parentesi che si vorrebbero creative o emotivamente e concettualmente pregne di significato ma sono solo ridicole (si perde il conto della volte in cui il protagonista non fa altro che fissare in camera o in giro con sguardo “significativo” che, si suppone, ancora una volta dovrebbe esprimere un qualche profonda interiorità) e di musica assordante e non sempre perfettamente coerente col contesto.
Si crede molto intelligente e molto profondo, intenso e potente, ma ha la stessa profondità di una brutta puntata dei Teletubbies in salsa iper-violenta.
Non rappresenta (e ci mancherebbe altro) un nuovo traguardo della cinematografia, come è stato neanche troppo sottilmente fatto credere, non è affatto un brillante film con “pruriti” quasi sperimentali (almeno che per sperimentale, come troppo spesso in effetti accade, non si abbia da intendere quel peculiare filone della cinematografia che fa bandiera della propria totale insulsaggine e fa sua la temeraria [quanto stupida] sfida che consiste nel verificare sino a che punto sia possibile arrivare a giocare perversamente con la pazienza e la buona volontà degli spettatori pur riuscendo a venir comunque acclamati come grandi geni dell’arte, in una sorta di bizzarro gioco masochistico portato avanti da certa critica e certo pubblico); ancora: non è un Taxi Driver per il Nuovo Millennio, no, affatto, è solo ed esclusivamente un brutto scherzo, una sfrontata presa per i fondelli astutamente mascherata da pregnante opera d’arte.
Un film insopportabile, che induce quasi a sospendere la visione dopo appena cinque minuti (consiglio spassionato: fatelo, anzi, non iniziate neppure a vederlo), un filmaccio stridente e sfiancante, assolutamente imparagonabile, bisogna ribadirlo, all’immortale film di Scorsese. Restano salvabili quasi solo la fotografia e le interpretazioni degli attori (anche se a Phoenix non è che venga offerta chissà quale occasione di risaltare particolarmente, data la pochezza del tutto), ma per il resto A Beautiful Day non può altro che definirsi una della peggiori delusioni della stagione.
Presentato in anteprima a Cannes dove incredibilmente si è “guadagnato” una standing ovation di ben 7 minuti e altrettanto incredibilmente il premio alla sceneggiatura, almeno il film della Ramsay non ha ottenuto il favore del pubblico (non solo in termini d’incassi, ma anche e soprattutto in termini di consenso) e almeno questo è un bene (nonché una notizia parzialmente rincuorante).
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