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A Beautiful Day

Regia di Lynne Ramsay vedi scheda film

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La recensione su A Beautiful Day

di alan smithee
8 stelle

 

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CANNES 70 - CONCORSO - PREMIO PER LA MIGLIOR REGIA A LYNNE RAMSAY/PREMIO MIGLIORE INTERPRETAZIONE MASCHILE A JOAQUIM PHOENIX - CINEMA OLTRECONFINE.

Lo shock di una guerra oltreoceano che lo ha reso come un mercenario senza cuore, ha riportato infine in patria quello che resta di un valoroso soldato: un corpo segnato da tagli e ferite di cui rimangono inquietanti indizi a fior di pelle; ma le ferite dell'animo sono quelle che fanno decisamente più male per Joe, che è tornato a vivere con l'anziana madre, e "risolve problemi" dietro compenso, come una sorta di investigatore dai modi spicci e spesso sin brutali: ma effettivamente piuttosto efficaci.

Il giorno in cui viene contattato per rintracciare la giovane figlioletta ribelle di un potente senatore, scappata per l'ennesima volta di casa, Joe non ci mette molto a ritrovarla. Ma si addentra in un tunnel entro cui risulta presto impossibile riuscire a tornar fuori.

Un percorso accidentato e pervaso di sangue e violenza in cui le vittime saranno anche quelle poche persone di cui ancora Joe si fida e a cui vuole bene.

Con la regia nervosa ed irritata di Lynne Ramsay, meritatamente premiata a Cannes 70, Joaquim Phoenix finiosce per essere la scelta strtategica più azzeccata di un film tesissimo e oscuro: un viaggio torbido nell'inferno del commercio sessuale di minori e nei meandri di una società malata e perversa che non lascia scampo a chi, in qualche modo, ne viene a contatto.

In una delle molte scene sanguinose, riprese con una abilità coreografica che non raggiunge mai tuttavia il soispetto del compiacimento, Joe si accosta al suo contendente morente che, ascoltando una canzone degli Abba, comincia a canticchiarla: questo provoca un inatteso senso di umanità nel nostro uomo, che si accosta al corpo morente canticchiando pure lui il gioioso ritornello, quasi come per concedergli un più caloroso accompagnamento al trapasso.

Nel film, che scorre veloce come un coltello affilato nella carne tenera pronta ad essere sezionata, violenza e dolcezza, sangue e intimità si altenano come in una danza di morte in cui, proprio con la morte, l'individuo riesce finalmente a ritrovare quello scampolo di umanità che, in vita, aveva ormai da tempo perduto, vuoi a causa del vizio, o della corruzione dilagante, vuoi per gli shock di una guerra sporca combattuta altrove per ragioni del tutto estraneee alla propria vita e alla propria necessità.

In un Concorso di Cannes 2017 piuttosto fiacco, il film della Ramsay si segnala come una delle opere più potenti e convincenti.

E quella di Phoenix, è l'interpretazione definitiva, quella che incorona (col premio per il miglior interprete - doveroso) un attore "fisico" straodinario, che pare vivere molto di persona gli shock emotivi e le crisi esistenziali dei complessi personaggi che, coerentemente gli vengono offerti.

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