Regia di Lynne Ramsay vedi scheda film
La trama del film di Lynne Ramsay non è particolarmente originale, con richiami che vanno dal Taxi Driver di Martin Scorsese al Drive di Nicolas W. Refn , passando magari anche dal Leon di Luc Besson e a tanti altre pellicole con protagonista un giustiziere segnato dal proprio passato e alla ricerca di un''innocenza ormai perduta ergendosi a difesa dei più deboli.
In questo caso, poi, si parla di minori abusati sessualmente e in particolare di una ragazzina, figlia di un senatore, la cui violenza fa da riflesso a un passato piuttosto simile del protagonista, anch'egli segnato dalla violenza del padre, in un mondo di bambini perduti e/o abbandonati alla mercé di adulti ormai sempre più simili agli orchi delle fiabe che non a dei veri e propri esseri umani.
Ma in realtà la Ramsey gira invece un film molto più personale ed estremamente originale (perfino troppo), anche se in maniera asciutta ed essenziale, per ritmo e coerenza narrativa.
A Beautiful Day è essenzialmente noir esistenziale e (quasi) psichedelico, con un'attenzione maniacale e spasmodica nel mostrare le devianze di una società e di una mente irrimediabilmente compromessa, cercando continuamente di scavare dentro la psicologia del suo protagonista e cercando, quindi, di renderla reale, quasi tattile, anche attraverso uno studio del corpo (soffermandosi spesso sulle sue cicatrici e sinonimo di altre ferite ben più radicate e profonde) e un enorme lavoro sia della fotografia che, soprattutto, del sonoro che, ad opera di uno splendido Jonny Greenwood, arriva ad alternare colonna sonora, rumore della strada e suoni stridenti e/o metallici in modo complesso, disarticolato e invasivo e, diciamolo, anche straniante quando non addirittura respingente.
Protagonista assoluto della pellicola il talento sontuoso di Joaquin Phoenix (e che qui fa un po le prove generali per il suo prossimo Oscar) che dona al suo personaggio una dolentissima unicità (ingrassato, barbuto, bofonchiante e caracollante, sembra un senzatetto, apparentemente innocuo), un'indolenza che si trasforma improvvisamente in efficienza e precisione nel momento di colpire con il suo martello, attraverso una violenza autentica e mai asettica o spettacolare ma spesso indiretta o traversale.
La violenza viene infatti trattata spesso lateralmente, fuori vista o tramite schermi, mentre viene invece data maggiore enfasi alle sue conseguenze, non solo materiali ma anche e soprattutto a un livello emotivo e/o psicologico.
Il risultato è un film affascinate ma complesso, ieratico ed estetizzante, ma anche di non facile fruibilità per la maggior parte del pubblico, costernato e allibito da una potenza visiva e sonora inedita (e, per certi versi, devastante) e immergendolo in un racconto sofferente e disgregante e dal retrogusto amarissimo, forse per molti anche indigesto.
VOTO: 7
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