Intenso dramma, un po' melò, ma efficace.Ottima la prova degli interpreti
Siamo ad Amburgo, nel 1945, la guerra è appena giunta al termine,un alto ufficiale dell’esercito inglese Lewis insieme alla moglie Rachel, dopo la sconfitta tedesca, prendono possesso di una dimora di grande prestigio, appartenuta a Stefan Lubert, un celebre architetto tedesco ridotto a lavorare come operaio alla pressa ed espropriato della sua casa. Lubert che ha perso la moglie durante un bombardamento, fa buon viso a cattivo gioco e reagisce con dignitosa rassegnazione alla requisizione della sua casa, mentre la figlia quattordicenne con più risentimento, ripresa dal padre lo taccia di vigliaccheria. Lewis invita a rimanere i Lubert sotto lo stesso tetto, ma relegandoli in soffitta. La surreale convivenza tra la coppia inglese e quel che resta della famiglia tedesca testimonia una generale situazione dell’epoca, la Germania dell'immediato dopoguerra, era un paese lacerato, in tutti sensi, sia socialmente sia economicamente, tra edifici distrutti e devastati, sfollati affamati e adolescenti che tramavano, durante la notte, allo scopo di fomentare l'odio verso gli inglesi, che peraltro non mostravano molto riguardo per gli sconfitti. Rachel e il marito, che hanno perso un figlio durante la guerra, sono in crisi, non si parlano molto e soprattutto non riescono a elaborare il lutto, in un contesto ostile che non favorisce certo il riavvicinarsi, un disagio figlio del momento storico, se è vero che in Germania Hitler non c’era più, rimanevano gli strascichi di una guerra devastante e maledetta, che aveva preteso un grande tributo di sangue e lasciato dietro desolazione e miseria. La coabitazione è difficile, non mancano piccoli incidenti e incomprensioni, sugli spazi di pertinenza pattuiti, tuttavia col passare del tempo c’è una scoperta graduale della percezione dell'altro, non tutti i tedeschi sono stati nazisti e si consapevolizza che molta gente comune ha subito le stesse umiliazioni e perdite di chi ha combattuto la follia sanguinaria e barbarica del nazismo. In questa situazione la relazione tra i coniugi, che ristagna in un silenzio reciproco e pregno di sensi di colpa, degenera prima in un’impasse e poi deflagra nell’adulterio. In una casa fredda, inospitale, tra lampade liberty e quadri che rimandano al passato, si consuma quindi un amore inaspettato, nascosto, una medicina per non sentire il dolore di un mondo messo alle corde, dalla pazzia criminale di un dittatore e dei suoi seguaci, che ha fatto precipitare l’umanità nel buio. In una cornice siffatta, accompagnato da composte note di musica classica o dal "Chiaro di Luna" di Debussy, si decide la partita dei destini di questo insolito ma nemmeno tanto “Ménage à trois “ Messa in scena sobria e compassata, meccanismo narrativo lento, ma forbito, che sfrutta poche ma efficaci scene madri. Dramma attentissimo alla resa del gioco relazionale.Ottima la prova dei tre interpreti, in una pièce più che convincente.
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