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Io sono Tempesta

Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Io sono Tempesta

di axe
4 stelle

Numa Tempesta è un personaggio eccentrico. Imprenditore di successo, è in grado di trasformare qualsiasi cosa in denaro, grazie alla propria capacità di fare affari, seppur non sempre del tutto "puliti". Proprio a causa della sua "leggerezza" è condannato e si trova a dover scontare la pena mediante l'affidamento ai servizi sociali. Deve prestare la sua opera presso un ricovero per persone in difficoltà e senza fissa dimora, gestito da una lunatica e assistente sociale, che di fatto lo tiene in pugno. Una sua parola, e l'imprenditore finirebbe in carcere, impossibilitato del tutto a condurre i propri affari, già fortemente intralciati dall'obbligo di permanenza in Italia. Ciò si verifica alla vigilia di una grossa speculazione in Kazakistan, un'occasione che il Tempesta non può perdere. La proprensione al "business", però, non impedisce al protagonista di giovarsi di una crescita morale generata dal contatto quotidiano con alcuni ospiti del centro, persone semplici ed oneste travolte dalle avversità della vita. Questi personaggi divengono una seconda famiglia per il protagonista, un uomo che ha sofferto di traumi infantili - la mancanza di un padre - e non è stato capace di costruire rapporti umani genuini. Il percorso di crescita interiore finisce per interferire con l'andamento degli affari, e a poco servono i sotterfugi adottati per far coesistere le due cose. La trama è interessante, ma non ho gradito la messa in scena. Il regista crea personaggi poco realistici (con l'eccezione del background "sociale", ovvero la varia umanità ridotta dalla crisi economica a dover vivere di aiuti ed espedienti, quella purtroppo non inventata) e dotati di un'indole incredibilmente buona, lasciando immaginare una narrazione quasi "favolistica", che contrasta con le realtà poste sulla scena. Gli eventi narrati nell'ultima parte del film sono talmente poco realistici da sembrare espedienti che il regista utilizza per concludere rapidamente la narrazione applicando un finale consolatorio. Il ricco paga per le cattive azioni commesse, ma ritrova famiglia e serenità; poveri e prostitute, tutti insieme, hanno un'occasione per ripartire; non per loro particolare merito, ma per concessione del ricco. Marco Giallini fa il possibile, ma, nei panni dell'eccentrico affarista, appare decisamente fuori ruolo. Elio Germano, nei panni di un padre eparato, non mi è molto piaciuto; la sua recitazione di molto sopra le righe è a tratti irritante. Altrettanto irritante Eleonora Danco, nel ruolo di assistente sociale collerica, moralista e di fatto inconcludente. Nulla da dire su interni ed esterni. Alle lussuose dimore cui è abituato il protagonista, colme di comodità ed oggetti che attestano un'infanzia evidentemente mai veramente vissuta, fanno contrasto il semplice ricovero ed i luoghi di vita degli homeless "da operetta" presenti nel film; strade, stazioni, portici e cassonetti. Alcune idee che sorreggono il film sono buone. La trovata di far incontrare due mondi così distanti, lasciando trapelare il messaggio per il quale passare dall'uno all'altro è più facile di quanto sembri, non è malvagia; così come qualche dialogo, che riesce a strappare una risata. Ma le eccessive "favolizzazioni" e l'artificiosità della trama minano credibilità e godibilità dell'opera.

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