Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film
Un losco affarista si ritrova a dover scontare una condanna di un anno ai lavori socialmente utili; a contatto diretto con i poveri di un centro di accoglienza, però, anziché ravvedersi riesce a trasmettere loro la sua sete di denaro e di potere.
Dopo la ‘pausa’ dal suo cinema canonico, dedicata a Papa Bergoglio (Chiamatemi Francesco: il film nel 2015 e la serie tv l’anno seguente), Daniele Luchetti ritorna a raccontare l’Italia contemporanea con spirito combattivo, civile, e un occhio sempre ben puntato alle predominanti questioni sociali. In questo caso l’obiettivo della sceneggiatura che il regista ha scritto insieme a Giulia Calenda e a Sandro Petraglia è quello di inquadrare la diffusa situazione di ristrettezza economica che pervade il Paese dal punto di vista di chi meno è portato – culturalmente e mentalmente – a capirla: ovverosia di un imprenditore trafficone con le mani in pasta in affari miliardari e nessuno scrupolo morale. Berlusconi c’entra più ideologicamente nel complesso della storia che concretamente, nel personaggio interpretato con la consueta verve da Marco Giallini; Elio Germano è lo sparring partner di quest’ultimo sul set, nei panni (anche per lui piuttosto abituali, ormai) del romano burino e tutto cuore, mentre ruoli minori sono riservati fra gli altri a Eleonora Danco, Francesco Gheghi, Paola De Grava, Marcello Fonte e Federica Santoro. Il ritmo è ottimo e la tenuta della storia risulta efficace: senza dubbio un ritorno riuscito per Luchetti. 6/10.
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