Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film
Condannato per frode fiscale, un magnate della finanza che vive a Roma in un lussuosissimo albergo tutto per sé (Giallini) viene condannato a un anno di servizi sociali (vi ricorda qualcosa?). Qui stringe amicizia con un padre sul lastrico (Germano) con figlio a carico e finisce sotto l'occhio ipervigile della responsabile della struttura (Danco), dal cui giudizio in termini di cooperazione ed empatia dipenderà la relazione al magistrato. Per ottenere la loro benevolenza, l'uomo cerca di ingraziarsi i poveracci invitandoli nella sua residenza faraonica e iniziandoli alle speculazioni finanziarie.
Ennesimo, infelicissimo passo falso di un autore ormai lontanissimo dalla sguardo attento che ebbe in film come Il portaborse o La scuola: qui l'osservazione della contemporaneità si stempera in un racconto bonario nel quale i senzatetto sono delle caricature e il plutarca prezzolato un simpaticone al quale il copione fornisce persino un alibi: quello di essere diventato così per via delle continue ingiurie subite dal padre. Per questa via, la satira si annacqua in una narrazione più attenta alla gag o alla battuta ma completamente incapace di cattiveria. Ai contenuti scialbi si aggiungono le musiche tonitruanti e onnipresenti di Carlo Crivelli nonché le prove tutt'altro che convincenti di Marco Giallini - sempre uguale a sé stesso - e di Eleonora Danco, che sembra non aver capito che il set cinematografico non è quello di Me vojo sarva'. L'ennesima prova convincente di Elio Germano e la fotografia, garantita come sempre, di Luca Bigazzi, sono gli unici elementi che valgono in prezzo del biglietto.
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