Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film
Daniele Luchetti, alla soglia dei 60anni, abbandona i toni impegnati che avevano fatto la sua fortuna con Il Portaborse e trova una via "zavattiniana" per questa favola contemporanea che, muovendo da un realismo apparente, narra con amore ed empatia le vicende dei suoi personaggi di estrazioni sociali totalmente diverse.
A partire dal protagonista Tempesta, interpretato da un Giallini misurato e multidimensionale, passando per un Elio Germano borgataro in crisi economica e familiare, fino ai suoi disperati senzatetto, Luchetti descrive tutti i suoi personaggi senza alcuno sguardo giudicante, moralistico o paternalistico.
La trama, priva di grandi colpi di scena, diventa allora un pretesto per entrare nelle vite di tutti i protagonisti. Nessuno è davvero buono o cattivo, ognuno cerca di vivere la sua vita cercando di salvarsi e afferrare il meglio in questo mondo difficile.
Pur se il richiamo alla vicenda berlusconiana è evidente, almeno nell'impostazione iniziale della storia, il protagonista Numa Tempesta, imprenditore truffaldino e corruttore, si fa perfino amare nella sua cinica spregiudicatezza, perché è un uomo solo, problematico e con un passato che tormenta i suoi sonni brevi e rari.
Non sono diversi da lui, se non per lo status economico, i senzatetto con cui è costretto a confrontarsi per scontare una condanna ed evitare la galera, varia umanità accomunata solo dalla miseria in cui è sprofondata.
Alla fine la pericolosa commistione tra il ricchissimo imprenditore e il manipolo di reietti porterà cambiamenti nelle vite di ognuno, come nelle migliori favole edificanti.
Ma non è questo quello che interessa al regista, che evita svolte e snodi narrativi ad effetto, rimanendo invece ancorato a un racconto dell'umanità di ognuno, perché l'essere umano, coi suoi pregi e i suoi limiti, sembra essere più interessante delle singole storie.
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