Regia di Rubén Imaz vedi scheda film
No. Mi dispiace soprattutto per il mio amico e pietra miliare di FilmTv, Alan Smithee, che me lo ha caldamente consigliato definendomelo “gioiellino inestimabile”.
Non ce l'ho fatta.
Ho apprezzato appena qualche taglio fotografico, un sonoro a minimi tratti, persino coinvolgente, una costante ricerca della cifra stilistica, come il viso inquietante che appare su un tronco sferzato dal vento, ma tutti questi richiami metaforici - festival delle allegorie stratificate - a voler sottolineare fratture e ricreare equilibrio tra natura e cieco progresso, si avviluppano stralenti, enigmatici e monotoni fino a spappolarti ogni straccio di sensibilità.
Romero è un pescatore che ha scoperto per primo il petrolio al largo delle coste dove vive solo (o con la figlia?) assieme alla fedele bottiglia, compagna di anziane solitudini.
Il petrolio sconvolge gli equilibri sia della vita comune che della natura, imprenditori e aziende irrompono sul territorio decretando la fine dell'armonia.
Romero non ci guadagnerà nulla se non continui richiami ai fantasmi e ai segnali occulti che un passato sepolto (?!) sembrerebbe inviargli tramite visioni, amici, nemici, spiriti, figli e nipoti più o meno sognati o esistenti, rimpianti di una vita lontana e carta da parati scollata.
Voler affastellare simbologie a gogo' non basta a farci entrare nella testa pasticciata di Romero. Siamo solo dalle parti del creare confusione senza mettere a fuoco il disagio di una comunità che deve fare i conti con la brama di denaro, con la sete di potere.
Ecco quindi piogge continue e reiterate, spiragli di luce alla Béla Tarr, piattaforme petrolifere che si moltiplicano, squarci di metacinema (nel senso che vediamo direttamente attraverso la fantasia di Romero perdendo continuamente il senso della realtà), donne che ricorrono, noci di cocco che incombono, lampi e tuoni, scene di sesso pleonastiche che vorrebbero alludere al progresso vile e nefando che si inchiappetta la natura pacioccona e impotente, ma lasciano definitivamente basiti sul bordo di quel mare che ribolle di oro nero e dove - di questo siamo certi - sarebbe meglio evitare le ostriche crude.
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