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La promessa dell'alba

Regia di Eric Barbier vedi scheda film

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La recensione su La promessa dell'alba

di alan smithee
6 stelle

CINEMA OLTRECONFINE 

Una madre single dal piglio combattivo e fiero sa che il figlio farà grandi cose da adulto: ipotizza diverse discipline sin inverosimili in cui il pupillo potrà emergere, incurante dell’ilarità suscitata attorno tra chi ancora l’ascolta, e l’imbarazzo delal giovane creatura, destinataria di cotanta futura gloria.

Se non che l’infanzia del futuro scrittore e pur regista di origine lituana Romain Gary, è segnata dalla presenza di una genitrice che supplisce ampiamente la mancanza di una figura maschile a baluardo di una formazione di vita e professionale che, come previsto dalla tenace madre, troverà sviluppo e modalità d’azione, oltre che di trionfo, nella adottiva accogliente Francia.

Attraverso la storia di una madre tenace e combattiva, assai poco propensa alla resa, e in seguito alle vicissitudini sin avventurose (soprattutto con la parentesi delle eroiche spericolate missioni presso la forza militare dell’aviazione francese “Francia libera” di de Gaulle, che gli valse la Legion d’onore) della storia di vita di suo figlio, si dipana una vicenda familiare drammatica e concitata che, attraverso l’utilizzo di un lungo e complesso flash-back, segna la genesi del romanzo autobiografico La promesse de l’aube, più in generale la scuola di vita del celebre scrittore ed autore Gary  (diverse sue opere furono trasposte al cinema – il suo stesso già citato divenne Promessa all’alba, con Melina Mercouri, per la regia di Jules Dassin nel 1970), e lui stesso fu regista di due film non molto fortunati, interpretati da quella diva che fu sua moglie, Jean Seberg).

Il film di Eric Barbier sceglie una narrazione molto classica ed una regia generosa che sa spaziare tra l’azione delle scene di battaglia aerea, alle minuziose ricostruzioni del difficile passato lituano della tenace sarta creatrice di cappelli che fu la madre del protagonista.

Certo, un regista più di polso e di carattere come Jean Pierre Jeunet avrebbe saputo dare più smalto ed originalità ad un’opera che invece inciampa spesso sui cliché del dramma storico ben costruito, ma anche poco originale e forte di una sua linfa vitale che lo renda unico ed inconfondibile rispetto alle mille altre trasposizioni biografiche già trascorse e percorse.

A dare un valido contributo alla sostanziale riuscita dell’opera, contribuisce la verve espressiva di Charlotte Gainsbourg, tenace e sofferente con la stessa credibilità e autorevolezza, come pure Pierre Niney appare perfettamente impostato nel rendere la vitalità e fisicità trasognata di un autore che ha vissuto anche vivere concretamente un’avventura di vita poi restituitaci nelle pagine della sua nutrita opera letteraria.

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