Regia di Alejandro Landes vedi scheda film
Cinema di allegorie archetipiche, metafisico fino alla rarefazione, "Monos" si apre su uno scenario post-apocalittico spoglio ed essenziale, che entra nella pelle e innesca disagio e immedesimazione in egual misura.
In questo allucinato e destabilizzante tour de force, Alejandro Landes non ostenta mire politiche (nonostante sia immediata l'associazione dei protagonisti ai FARC, le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia), ma emotive e "antropologiche". In altre parole, "Monos" é un ritratto oscuro della giovinezza, un horror adolescenziale mascherato, che pesca a piene mani da "Cuore di tenebra" di Conrad, passa per i barocchismi lirici di "Apocalypse Now", ma finisce per rivelarsi una definitiva rilettura distorta del Signore delle Mosche di Golding (citato apertamente nella scena della testa del maiale).
Landes, a dire il vero, dice di essersi ispirato anche e soprattutto a "Và e vedi" di Klimov, del quale - nella prima parte - ben si respirano l'angoscia, il disagio e la desolazione morale.
Ma più che come mosaico di altri "parti d'autore", "Monos" si presenta invece come un'opera citazionista ma originale, personale e necessaria nella sua vitalità.
Vero cinema, che scardina lo spettatore dalla comfort zone di visioni immediatamente accessibili e lo porta in un incubo violento e ancestrale.
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