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Morto Stalin, se ne fa un altro

Regia di Armando Iannucci vedi scheda film

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La recensione su Morto Stalin, se ne fa un altro

di genoano
6 stelle

La storia può ripetersi, al cinema, sotto forma di farsa, come questa in cui un gruppo di individui cinici, meschini, malvagi, penosamente inadeguati compete subdolamente per succedere al grande capo/tiranno; e il ridicolo aleggia su tutti. Sarcastico, macabro, un po' pesante, ben interpretato ma non del tutto convincente. Voto 5 e 1/2-6.

"The death of Stalin" si basa su un graphic novel (definizione che spesso indica un fumetto che si è montato la testa) satirico francese ed è diretto da Armando Iannucci, regista british (ma di origini italiane, of course) specializzato nella fiction sulla politica; risultato inevitabile ne è un film che coniuga il gusto francese per i bozzetti umoristici e la farsa con lo humour nero e l'indugio nel macabro tipici del cinema d'Oltremanica. Secondo tradizione britannica, poi, c'è grande attenzione per la direzione degli attori, tutti convincenti : Simon Russell Beale interpreta un luciferino Berija con un'energia e una vitalità tali da ricordare un po', a tratti, la grande performance di James Cagney in "Uno, due,tre!" di Wilder; Palin propone un Molotov indecifrabile maestro di doppiezza, Tambor dipinge un patetico ritratto dell'inadeguatezza col suo goffo Malenkov, Buscemi col suo Khruschev poco ortodosso rimanda lo spettatore ad un altro gruppo cinematografico di pessimi soggetti dalle spiccate tendenze criminali di cui aveva fatto parte, "Le iene" di Tarantino. L'umorismo tenebroso (ma piuttosto monotono) del film risulta efficace per descrivere l'opprimente clima di terrore dell'Unione Sovietica di quegli anni in cui la Siberia distava solo una parola (di troppo), e ad un certo punto il regista sembra voler fare una preziosa citazione della difesa di Peter Lorre nel processo sommario che gli intenta il mondo sotterraneo della mala in "M - Il mostro di Dusseldorf"; ma gli aspetti positivi finiscono qui. L'interesse del regista è tutto sulla farsa e sulla comicità, peraltro forzatamente greve viste le molteplici tragedie raccontate nel film, e alla lunga ciò porta a saturazione lo spettatore; deludono la scarsa profondità di analisi storica e sociale della trama e l'incapacità di inscenare una più coraggiosa satira del potere (e non una innocua satira dei potenti, peraltro morti e sepolti, come si fa qui), applicabile a tanti altri contesti, anche attuali.

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