Regia di Sebastián Lelio vedi scheda film
Per la prima volta, Sebastian Lelio ha girato un film lontano dal suo Cile, interamente in lingua inglese per una produzione americana, come quasi tutti gli attori. Da vedere!
Tornata a Londra per i funerali del padre, Ronit (Rachel Weisz) rivede i parenti e gli amici di gioventù, ben inseriti, ora, nella comunità ebraico-ortodossa nella quale era cresciuta ed era stata educata, ma che aveva volontariamente lasciato da più di vent’anni per non esserne soffocata: teneva troppo ai suoi progetti e alla sua libertà. Se ne era andata a New York, dove aveva messo a frutto l’appassionata conoscenza della fotografia, diventando un’apprezzata artista sperimentale, con un curriculum prestigioso, ricco di mostre e di riconoscimenti.
Aveva saputo della morte del padre, rabbino della comunità londinese e adesso era lì, a rendergli l’estremo saluto, poiché, anche se non aveva più dato notizie di sé, non aveva cessato di amarlo.
A Londra il cugino Dovid (Alessandro Nivola), compagno di giovanili trasgressioni, l’aveva accolta con evidente imbarazzo: era diventato marito di Esti (Rachel McAdams) la sua migliore amica di allora. “Noi tre eravamo una forza”, aveva ricordato Ronit, evocando i giorni della ragazza che era stata, quando, con loro, avrebbe voluto cambiare il mondo. Con Esti aveva avuto una breve storia d’amore, vero scandalo per quel rigido microcosmo yiddish, all’origine del proprio auto-esilio alla volta degli Stati Uniti, unico modo per assicurarsi la possibilità di decidere della propria vita, senza interferire con la fede della comunità di appartenenza e soprattutto senza nuocere al padre e alla sua carriera. Il suo ritorno era stato percepito come una minaccia alla tranquillità raggiunta dall’intera comunità; le sue rassicurazioni circa la breve durata della permanenza londinese non convincevano; persino Dovid diffidava di lei, ora che era insegnante di Torah e candidato alla successione del vecchio rabbino, caduto in Sinagoga mentre pronunciava il suo sermone sull’amore e sulla libertà. Le ribellioni giovanili, come sogni che svaniscono al risveglio, dunque, erano rapidamente rientrate, né i fedeli avrebbero tollerato nuove trasgressioni: Esti sembrava del tutto rinsavita dalle bizzarrie giovanili ed era diventata una brava moglie devota, nonché l’insegnante di inglese della scuola ebraica, apprezzata dai genitori dei piccini che le erano affidati.
Questo, almeno, stando alle apparenze, per lo più ingannevoli, come tutti sanno. I severi dettami della Torah, infatti, non erano idonei per imbrigliarne il cuore, più incline ad ascoltare i dettami d’amore…a quel modo che ditta dentro… perché l’antica fiamma per Ronit non si era mai spenta: lei aveva sperato di rivederla dopo aver avvertito la Sinagoga di NewYork; lei era tornata a corteggiarla appassionatamente, nonostante tenesse davvero molto all’affetto protettivo di Dovid, alla stima della propria comunità e nonostante ora fosse incinta…
Grande narratore di difficili storie femminili, dopo Gloria e Una donna fantastica –indimenticabile Oscar* dello scorso febbraio – il regista cileno Sebastian Lelio ci offre con questo bel film una nuova prova della sua finezza di ritrattista, originale nel raccontare le donne che osano coraggiosamente sfidare pregiudizi e convenzioni sociali, per realizzare i propri sogni e le proprie aspirazioni.
Tutti e tre questi film sono connotati da un clima di tensione sottilmente erotica, fin dalle prime scene: ripenso agli sguardi ammiccanti che Gloria lancia all’uomo che ancora non conosce, ma che con ogni evidenza le piace; ripenso al modo speciale con cui si guardano Marina e Orlando, l’uomo amatissimo col quale convive, nonostante il disprezzo e l’emarginazione a cui si sente condannata.
In quest’ultimo sono le parole sacre del Cantico dei Cantici, lette da un commosso Dovid agli studenti, nella prima straordinaria e spiazzante scena, a riverberare la loro sensualità sul resto del film, nel quale l’erotismo femminile assume il duplice aspetto della trasgressione aperta e sincera (Ronit) e del fuoco nascosto che sta per divampare, facendo vacillare acritiche e costrittive certezze (Esti).
Ottime le due attrici e ottimo anche Alessandro Nivola, un tormentato Dovid, incerto fino alla fine fra tradizione dottrinale e amorosa compassione.
Per la prima volta, Sebastian Lelio ha girato un film lontano dal suo Cile, interamente in lingua inglese per una produzione americana, come quasi tutti gli attori. Da vedere!
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*Migliore film straniero
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