Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film
Del presente cortometraggio del 1931, il primo in ordine di tempo di Manoel De Oliveira, esiste anche una versione più recente del 1994 che si avvale di un diverso montaggio riveduto dall’autore ed è impreziosita dalle suggestive “Litanie del fuoco e del mare” di Emanuel Nunes, compositore d’avanguardia contemporanea, eseguite al pianoforte da Alice Ader.
La pellicola ebbe origine come prodotto tipicamente amatoriale e prese vita a poco a poco nei momenti liberi di fine settimana in un arco approssimativo di due anni grazie all’apporto fotografico di Antonio Mendes, un amico del regista munito di una rudimentale cinepresa 35 mm., ma fu rigettata sia dal pubblico che dalla critica locale, scandalizzata da un’opera che osava innalzare un autentico inno ai modesti lavoratori fluviali, ritenuti indegni di tale elevata considerazione. Riscosse in seguito un’accoglienza favorevole da parte della stampa estera che ebbe modo di visionarla nel corso della prima proiezione muta in occasione del “Quinto Congresso internazionale della Critica” a Lisbona, il 21 settembre 1931. La versione sonorizzata fu presentata in occasione dell’uscita commerciale, l’8 agosto 1934.
La struttura dell’opera, pur impostata in maniera prettamente documentaristica, non disdegna di richiamarsi ad alcune forme di sperimentazione, risentendo con chiarezza le suggestioni di varie influenze europee, a cominciare dal cinema di avanguardia del tedesco Walter Ruttman ed in particolare della sua opera “Berlino, sinfonia di una grande città”, documentario del 1927 girato in 16 mm. che ritrae un giorno tipico nella metropoli tedesca, con il racconto diviso in cinque sequenze temporali secondo un preciso ordine cronologico.
Ma vi sono anche influssi di Jean Vigo (A propos de Nice, 1930) e perfino di Sergei Eizenstein oltre che di Dziga Vertov, sostenitore della concezione del cine-occhio, e dell’avanguardia sovietica in generale.
Il film è da considerare quasi un atto d’amore nei confronti del Douro che sbocca nella città di Oporto, ed è anche un appassionato omaggio alla laboriosità della propria terra da parte dell’autore, un riconoscimento della fatica che spezza le schiene, una calorosa documentazione di tutta la brulicante attività lavorativa che ha luogo quotidianamente sulla riva destra del fiume. Volti granitici di pescatori, di operai, di marinai, di scaricatori di porto vengono innalzati agli onori dello schermo, gente umile ripresa nell’attività di tutti i giorni tramite l’uso di tonalità bianconeristiche che sembrano anticipare le soluzioni visive che saranno adottate di li a poco da Robert Flaherty nel suo splendido “Uomo di Aran”. Ma l’autore getta il suo sguardo volto a dilatare gli spazi anche sulle architetture dei ponti, sulle sovrastrutture metalliche, sui barconi che scivolano lenti nel fiume, sulle cassette del pesce, sull’occhio notturno del faro che apre e chiude il film e poi sulla forza dell’acqua, vera e propria dominatrice incontrastata che regola e domina ogni altro aspetto di vita operativa della zona, tornando costantemente alla ribalta, quasi a ribadire un indiscusso predominio su tutta la vita che si diffonde attorno ad essa. E l’acqua è ripresa in tutti i suoi movimenti vertiginosi ed alternata a tratti con secchi e rapidi stacchi a placide visioni di attività portuale esaltate a dovere dalle note minimaliste delle “litanie del fuoco e del mare” poste in sottofondo ed usate in chiara funzione espressiva.
Una breve e sentita testimonianza in fondo, che arriva a formare una specie di poema che copre l’arco di un’intera giornata, un cortometraggio che mette in evidenza con puntigliosa costanza la ferma volontà di documentare una realtà semplice, giornaliera, fatta degli umili gesti quotidiani di chi ogni giorno è dedito con tutte le sue forze alla dura lotta per la sopravvivenza, ma non senza rammentarsi di dispensare, seppur di rado, un fugace sorriso, come se in fondo da questa semplicità e primordialità di gesti e di intenti possa venire a galla quanto di meglio si nasconde all’interno dell’uomo non ancora toccato dalla febbre di un progresso ma sfiorato a guisa di carezze musicali dal placido rumore delle acque.
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