Regia di Andrew Niccol vedi scheda film
NETFLIX
La circostanza di trovarci nuovamente in un futuro distopico che somiglia quasi ad un’altra dimensione parallela della nostra quotidianità non ci sorprende più di tanto se teniamo conto di trovarci all’interno di una produzione diretta da Andrew Niccol, vent’anni orsono regista che ci fece sognare con le sue due opere d’esordio (Gattaca ’98 e S1m0ne ’02, stupendi!), poi decisamente infiacchitosi o involgaritosi, anche nei suoi non appassionanti ritorni in territori di fantascienza da futuro imminente (In time ‘11, The Host ‘13).
In questo futuro, la privacy tanto ossessivamente in voga oggi (quanto poi puntualmente disattesa nella praticità quotidiana), è stata completamente surclassata con un sistema che, al contrario, esplicita e rende pubblico non solo il passato delle persone, ma anche i pensieri ed in genere l’intimità di ciascuno, visibili attraverso particolari monitor a disposizione della collettività.
In questo modo delinquenza e trame oscure vengono piegate e risolte ancor prima di essere messe in atto, ed il controllo sulle persone risulta di carattere preventivo e cautelante.
Quando l’agente Frieland, impegnato a risolvere uno dei pochi casi di omicidio ancora senza soluzione, si imbatte in un personaggio misterioso di donna che non appare regolarmente registrata, e dunque dai pensieri non trasparenti né leggibili ed interpretabili a vista d’occhio, ecco che l’uomo, incuriosito ed attratto da quella figura vista solo di sfuggita, cerca in tutti i modi di rintracciarla, sicuro che essa sia implicata molto direttamente nel caso ancora irrisolto.
Inizierà una caccia senza tregua, in cui tuttavia sarà spesso convergente in entrambi i duellanti, il ruolo di preda o di predatore, scambiandosi entrambi spesso i ruoli, lungo una concitata fuga tra sfondi suggestivi di una società del futuro assai imminente.
Forte del fascino ironico e glamour del sempre molto aitante Clive Owen, ora e più che mai Bond perfetto ma mancato, e di una “spia che lo amava” dallo sguardo innocente e pure anche assassino come Amanda Seyfried (recidiva con Niccol, dopo In Time), Anon costituisce un ritorno formalmente impeccabile di Niccol, che ormai consideravamo come un cinesta da tenerci lontano, dopo pellicole insopportabili, guerrafondaie e tronfie come Lord of War e Good Kill. Il regista sa dipanarsi formalmente ed esteticamente piuttosto bene tra scenografie ammalianti, forti di quella eleganza un po’ demodé o vintage che rese unico il capostipite Gattaca.
Certo la storia langue piuttosto presto, e si avvita sulle solite manfrine amorose concitate con un pizzico di suspence, che tuttavia non trovano mai spazio per una vero coinvolgimento emotivo convincente.
Una nuova occasione per ribadire come la produzione Netflix risulti valida più nelle intenzioni che nella sostanza, circostanza che riguarda quasi sempre ormai tutte le produzioni rientranti nel celebre brand nemico acerrimo della sala e del grande schermo.
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