Regia di Roman Polanski vedi scheda film
La regola è sempre la stessa: quando qualcuno dirige un film su un regista in crisi o su uno scrittore con la sindrome da foglio bianco, non fidatevi: vuol dire che è a corto di idee. Se poi quel regista ha già girato un film nel quale si parla di un ghostwriter (L'uomo nell'ombra), allora fidatevi ancora meno. Non fa eccezione questo film dell'ottantatreenne Roman Polanski, che - a partire dal romanzo Da una storia vera di Delphine de Vigan, sceneggiato con Olivier Assayas - mette in scena una scrittrice di successo (Seigner) che non sa più come inchiostrare la pagina. Durante un party, la donna incontra Lei (Eva Green, gli occhi più brutti di tutto il cinema europeo), una ragazza dai modi seduttivi che fa la ghostwriter per importanti personalità della politica, dello sport e dello spettacolo. Tra le due nasce un legame che porterà la scrittrice ad ospitare Lei nella propria casa, fino a diventarne dipendente e infine succube. A rischio spoiler, dirò che il finale è risolto alla maniera de La nona porta, con sterzata su una dimensione metafisica che al tempo stesso sembra essere la bruttissima copia di Misery non deve morire.
Con Quello che non so di lei il regista franco-polacco mette il pilota automatico, mostrando il consueto mestiere sia sul piano figurativo che su quello narrativo, ma affidandosi a un copione del tutto implausibile e persino irritante e a due attrici di scarsissima levatura, i cui personaggi sono uniti da un legame vagamente saffico e sadomasochistico che fin dall'inizio non è minimamente credibile.
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