Regia di Craig Gillespie vedi scheda film
La recensione numero 200 è un traguardo importante, per il semplice fatto che risulta essere sintomo di stabilità nel tempo, quindi siccome sta diventando una routine, parliamo non di un capolavoro, ma di un buon film recente passato in sordina e che invece merita di essere citato, Tonya di Craig Gillespie (2017).
Non conoscevo Tonya Harding e la sua storia, né mi interesso al pattinaggio sul ghiaccio, eppure il film è perfettamente fruibile anche da chi non è patito della disciplina per il semplice motivo che la pellicola risulta essere una dark comedy surreale, che mette in scena la fine del sogno americano anche nell'ambiente sportivo, dove si avrebbe tutto l'interesse a promuovere i talenti migliori per puntare alla vittoria, ed invece si resta legati a stupide logiche pubblicitarie e d'immagine, atte a creare una totale simbiosi tra l'immagine dell'atleta e quella che il paese vuole o comunque s'aspetta.
La verità è questione di punti di vista, e questo nell'ambito del cinema, è risaputo sin dal capolavoro Rashomon di Akira Kurosawa (1950).
Tramite finte interviste ai personaggi e rotture della quarta parete, i nostri protagonisti ci raccontano i loro differenti punti di vista anche sopra un medesimo fatto, perché infondo come disse la signora Ponza, personificazione di una verità velata, nell'opera teatrale "così è se vi pare" di Luigi Pirandello (1917), "Io sono colei che vi si pare".
Il quadro che ne esce è confuso e frammentato, tanto che il tentativo dello spettatore di assemblare un puzzle fallisce miseramente, poiché la costruzione è priva di forma. Non sappiamo se Tonya Harding (Margot Robbie), abbia ragione, ma io in quanto antisistema e ammiratore dei personaggi outsider le voglio credere.
A prescindere se l'azione commessa verso l'atleta Nancy (che il sistema sportivo spinve su) sia giusta, non sfugge come Tonya sia vittima di una madre fredda ed autoritaria come LaVona Harding (Allison Janney) e del marito stupido e violento Jeff Gillooly (Sebastian Stan), e al contempo considerata come un soggetto non controllabile dallo star system dello sport, che quando può, la boicotta nel punteggio a favore di altre atleti "borghesi" e perfettine, che i piani alti considerano più conformi alla loro idea di sport.
Tonya quindi, oppressa da un ambiente familiare violento (il rapporto di prendersi e lasciarsi con il marito, soffre di una scrittura un po' lasciata andare via) e da una società che disprezza il suo comportamento ribelle ed il suo carattere mascolino, quando và in pista pattina come se dovesse spaccare il mondo e forse per eccesso di adrenalina, finisce con il rendere meno di quel che vale (o compie stupidi errori pre gara riguardanti la preparazione), perché sul ghiaccio non mette in scena solo una coreografia artistica, ma una vera e propria lotta di classe.
La ragazza a dire il vero ci prova anche a tentare di rientrare nelle regole del sistema, ma vuoi per una madre altrettanto cocciuta e vuoi perché sarebbe una farsa contraria alla sua indole (magnifica la scena allo specchio con le espressioni caricate da parte dell'attrice, in una grottesca prova delle espressioni migliori del viso, da presentare alla stampa), finisce sempre far emergere il suo lato cafone e da outsider che tutti detestano.
Margot Robbie è un'attrice un po' sottovalutata, poiché considerata la classica bellona senza cervello da molti, tanto che per farsi prendere sul serio, decide di produrre questo film ed imbruttirsi parzialmente il viso; il gioco ne è valso la candela, non solo per la sua prima nomination agli Oscar, ma anche per la sua recitazione incazzata ed arrabbiata che conferisce al suo personaggio un'aria di perenne insofferenza derivante dalla forte rabbia che manifesta con espressioni ingiuriose e sboccate ogni volta che si sente penalizzata dai giudici.
Non vale Jennifer Lawrence e Saoirse Ronan in quanto a talento (ma come filmografia é messa meglio di loro) tra le attrici di cinema americano under 30 attuali, ma riesce a compensare la differenza prestazionale con la rabbia, un sentimento che forse l'attrice prova a trasmettere in tutta la propria la propria carica al personaggio, consentendo di abbattere violentemente ogni ostacolo e pregiudizio che la critica aveva nei suoi riguardi.
Grande anche Allison Janney, attrice formatasi sotto la tutela di Paul Newman e Joane Woodward, e che dopo aver fatto molto teatro e serie TV, prende parte al film una madre diabolica e terrificante, senza alcuno stereotipo. Inedito Sebastian Stan finalmente fuori dal ruolo del Soldato d'inverno nei film della Marvel, anche se più in ombra.
La regia di Gillespie è di buon livello, con sequenze di pattinaggio riprese con carrelli e movimenti di macchina ampi. Margot Robbie ha imparato a pattinare sul ghiaccio e fare alcune piccole acrobazie, facilitandogli il compito ed il lavoro, invece per le sequenze più complesse il regista ha dovuto usare una professionista ed applicare in postproduzione digitalmente il volto della Robbie sul suo viso. La combinazione è riuscita e non vi sono sbavature in proposito.
Il film Tonya pur non tracciando chissà che nuovi orizzonti in ambito biopic dal punto di vista narrativo, è una pellicola carica di rabbia e perfettamente aggiornata alle tendenze dei primi governi sovranisti che stanno sorgendo nel mondo e che si ripromettono di mettere al centro l'individuo al riparo dalle storture sociali. Gillspie, con questo film ci dice che chi é povero o comunque un outsider, come la nostra Tonya, nel mondo di oggi non ha alcuna speranza di poter cambiare la propria vita; anzi, il sistema farà di tutto per danneggiarti e non farti ricevere soddisfazioni, arrivando anche a boicottarti (vedere la scena dei lacci dei pattini) e questo nel cinema americano e nostrano odierno, per assurdo non viene raccontato per nulla.
Discreto incasso di 50 milioni con tre nomination agli Oscar per miglior attrice protagonista, attrice non protagonista e sceneggiatura, con Allison Janney vincitrice. In sostanza, uno dei migliori film del 2017.
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