Regia di Craig Gillespie vedi scheda film
Biopic di Tonya Harding (Robbie), pattinatrice americana arrivata ai massimi allori tra la fine degli anni Ottanta e la prima metà dei Novanta, ma assurta anche alla ribalta della cronaca giudiziaria per via del suo coinvolgimento nell'aggressione alla temutissima rivale Nancy Carrigan (era il 1994). Craig Gillespie (suo l'originale Lars e una ragazza tutta sua) prova a raccontarne la parabola sportiva e personale sospendendo fin troppo il giudizio su un personaggio che nel film rischia di diventare un santino vittima della madre (Allison Janney, impegnata in un ruolo cinico e brutale, in posa con un pappagallo sulla spalla durante le interviste e giustamente insignita con l'Oscar per la migliore interpretazione femminile da attrice non protagonista), a sua volta personaggio-chiave di una sottotrama non meno interessante. Raccontato con un certo compiacimento da cinema indie con venature acide e grottesche, trovate narrative accattivanti - con i quattro protagonisti che ricordano i diversi eventi in flashforward, ormai invecchiati - e una colonna sonora che assembla greatest hits di varie epoche, Tonya si concentra sul tira e molla perenne tra la protagonista e suo marito (Stan), un parassita dalla sberla facile, senza dimenticare di esaltare filologicamente le imprese sulla pista di ghiaccio della protagonista, un'antieroina lontanissima dai principi di De Coubertin, che grazie ai miracoli della postproduzione in digitale riesce a replicare gli impossibili tripli axel tramite la sovrapposizione del suo volto con quello di due pattinatrici professioniste.
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