Regia di Craig Gillespie vedi scheda film
Difficile, dopo aver visto questo film, convincersi che la vera storia di Tonya Harding sia stata una storia sostanzialmente drammatica. Drammatica in tutto: dal pessimo rapporto con l’orribile madre (a causa della quale “perderà” anche l’amato padre), allo sfortunato incontro con un futuro marito manesco ed opportunista (per di più circondato da amicizie ben poco encomiabili), poi un’asma cronica che pure non le impedisce né di praticare sport, né di fumare a raffica, per finire a quel mondo snob del pattinaggio artistico professionista, velatamente dato come corrotto o almeno corruttibile (limite/difetto incorreggibile di ogni sport in cui siano le valutazioni degli arbitri a decidere...), dove finiscono per contare elementi estranei al puro talento sportivo come il costumino-bello, il sorrisetto giusto, e nel quale una persona schietta, pane-al-pane come lei, forzosamente ribelle, iper-talentuosa di natura ed appassionata come pochi fin dall’infanzia, non può che annaspare, aggrappata alla sua notevole testardaggine e alla bomboletta di Ventolin.
Il che significa che il regista Craig Gillespie ed il suo entourage, portando sugli schermi, al contrario dei fatti, una divertentissima commedia, sono riusciti a fare un lavoro enorme, perfetto, straordinario. E come ci siano riusciti non è semplice a dirsi, perché hanno lavorato su molteplici livelli. Magari, in sintesi, si potrebbe anche dire che quando la realtà supera la fantasia, gli autori e gli artisti che la descrivono hanno vita facile, ma devono pur sempre avere il naso giusto per trovare le giuste soluzioni. E Gillespie le trova tutte, sia sul piano caratteriale dei personaggi (gli esilaranti siparietti con la “madre-mostro”, le scazzottate col marito che sembrano innocenti come fossero i film di Trinità, la ridicolaggine dell’adiposo ed unto Shawn, amico del marito e cattivo consigliere, fino al vero “io narrante” del film mimetizzato nei panni del sarcastico giornalista televisivo), sia sul piano squisitamente tecnico delle inquadrature (perfettamente cornometrati sia i momenti in cui i personaggi si rivolgono direttamente allo spettatore guardando e parlando loro in camera, sia tutte le riprese sulla pista di ghiaccio, pattinate in tre dimensioni con una grazia che sapientemente duetta con la rudezza della protagonista).
In generale: il ritmo di questo film è irresistibile, e tanto più riesce ad esserlo se si pensa che, prima di essere stato un film, è stata una storia vera che Craig Gillespie ha riportato con fedeltà estrema, ricorrendo alla ricostruzione pressoché letterale delle interviste dei vari protagonisti.
Brillante, ironico, dissacratorio e crudele, “I,Tonya” è, con discrezione, in un angolino in lizza per i prossimi Oscar... Fossi io, quello per Allison Janney, fantastica nel ruolo della madre-mostro, con il pappagallino importuno sulla spalla dichiarato come suo sesto martio, non glielo negherei...
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