Regia di Craig Gillespie vedi scheda film
FESTA DEL CINEMA DI ROMA 2017 - SELEZIONE UFFICIALE
Tonya Harding: la più talentuosa, la più dotata, forse pure la più bella (anche se Margot Robbie ci mette sin troppo del suo insuperabile sex appeal, superandola di gran lunga, almeno esteticamente); ma anche la più detestata dalle giurie, la più sconveniente, la più scurrile, la più kitsch, quella che, con la sua famiglia anomala se non disastrata, ovvero impresentabile e così anti-americana - una madre isterica che ebbe l'incoscienza ma pure l'intuizione di scaraventarla letteralmente sul ghiaccio, ed un marito inetto e manesco - mai e poi mai avrebbe potuto rappresentare al meglio lo stereotipo edulcorato e fazioso di un sogno americano idealizzato e plastificato fino a diventare asettico e fasullo.
Lo scandalo costruito diabolicamente attorno all'atleta nel 1994, a seguito dell'aggressione e ferimento della sua rivale numero uno Nancy Kerrigan, ha il sapore di un complotto dai contorni diabolici, mai perfettamente chiariti circa i veri mandanti: una banda di personaggi-monstre che paiono usciti da una farsa maligna e a tratti amaramente comica.
E' un biopic accurato e dettagliato, questo "I, Tonya", diretto con estrema cura nei dettagli dell'intrigo, con un montaggio disinvolto ma preciso ed una ricostruzione scrupolosa dei dettagli del periodo, a cura di quel Craig Gillespie che si era fatti notare almeno qualche anno orsono per il buffo e tenero "Lars ed una ragazza tutta sua".
E trova in Margot Robbie, coinvolta in prima persona anche in qualità di produttrice, la sua perfetta e mirabile identificazione in un personaggio controverso e scomodo assai difficile da inquadrare.
Una interpretazione, quella della Robbie, che scava a fondo e sfaccetta oltre un ventennio di vita della sfortunata, anzi sciagurata atleta, in una altalena senza sosta tra sfortune, scelte sbagliate, ironie crudeli del destino, ed un codazzo di gente almeno balorda, se non proprio folle, che ebbe contemporaneamente la capacità di creare i presupposti per la nascita di un fenomeno, ed affossare clsmorosamente il risultato definitivo.
Una prova complessa anche fisicamente per il ruolo più incisivo fino ad ora a disposizione della splendida "quasi-diva" Margot - bellezza provocante che sa rendere il gusto dell'eccesso insito in un personaggio ingombrante e fatto apposta per crearsi nemici.
Una Robbie che si impegna con una tenacia mirabile, e che per questo ruolo non è difficile ne' insensato potercela immaginare meritatamente rientrante nella cinquina delle migliori attrici protagoniste da Oscar 2018.
Ottimo pure il cast di contorno, nel quale si distingue tra tutti la straordinaria caratterista brava da sempre, ma mai valorizzata appieno, ovvero quella Allison Janney che veste i panni della "mostruosa", ma necessaria madre della nostra mancata campionessa numero uno.
Per una volta un "biopic-contro", che esalta la scorrettezza politica e deride, amaramente e sarcasticamente, restando tuttavia sul filo della verità giornalistica degli eventi, certi logori e benpensanti dogmi di un'America da favola irreale quanto subdola ed opportunista.
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