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Bright

Regia di David Ayer vedi scheda film

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La recensione su Bright

di supadany
2 stelle

La società è da sempre in continua trasformazione, un’autentica metamorfosi che chiunque – tanto più, oggi - può percepire anche nel giro di pochi anni. E forse non abbiamo ancora visto nulla, ma possiamo anche immaginare che il razzismo non passerà mai di moda, individuando al massimo un bersaglio diverso.

Bright parte con una grande ambizione, consistente nel reinventare il presente aggiungendo elementi fantasy. A parte una formulazione che agisce per postulati, talvolta spiegati a ritroso senza troppi patemi, i problemi risiedono in ogni direttiva, anche nei meccanismi espositivi più semplici, quegli automatismi che dovrebbero funzionare a memoria e che, invece, fanno una fatica pazzesca a non ingolfarsi.

In una Los Angeles apparentemente non troppo dissimile dall’attuale, gli esseri umani convivono con gli elfi, considerati come la nuova élite, e gli orchi, che occupano il gradino sociale più basso.

In questa realtà, l’agente di polizia Daryl Ward (Will Smith) è il prescelto per lavorare al fianco di Nick Jakoby (Joel Edgerton), il primo orco poliziotto, in un riquadro che potrebbe esplodere da un momento all’altro.

Durante un pattugliamento come tanti altri, i due sono coinvolti in una sparatoria, dopo la quale conoscono la misteriosa Tikka (Lucy Fry) ed entrano in possesso di una bacchetta magica ambita da tutti, senza alcuna distinzione. Dovranno spalleggiarsi come non sono mai riusciti a fare in precedenza, fronteggiando poliziotti corrotti, orchi e soprattutto la malefica e potente Leilah (Noomi Rapace), con gli affari interni – rappresentati dall’elfo Kandomere (Edgar Ramirez) - sullo sfondo.

 

Will Smith, Joel Edgerton

Bright (2017): Will Smith, Joel Edgerton

 

Inventare di sana pianta una nuova dimensione che mescoli realtà e fantasia richiede un gran lavoro di squadra e purtroppo Bright di significativo ha solo il budget – circa novanta milioni di dollari per il primo blockbuster targato Netflix – oltre a una visione che, attraverso metafore approssimative, richiama le forti distinzioni cui è sottoposto il mondo attualmente conosciuto, senza riuscire a elaborare lo spunto di partenza.

Di fatto, l’idea di ibridare il poliziesco con il fantasy, produce un’accozzaglia che, depurata dalle distinzioni di genere, non è nient’altro di un epigono rimasticato di tanti film ambientati sulla strada, che si possono vedere in televisione, in una serata come un’altra.

La composizione sceneggiata da Max Landis (Chronicle, Victor: La storia segreta del Dottor Frankenstein) è terribilmente sterile, incapace anche di dettare dialoghi decenti nei momenti più leggeri da buddy movie, per lo più incentrata in una sola notte, ma niente a che vedere con il turbinio di Tutto in una notte diretto da suo padre John Landis.

Se le idee latitano e la fotografia affidata a Roman Vasyanov non indovina neanche per sbaglio una sequenza che possieda un dettaglio tale da essere memorizzato, ancora una volta David Ayer, tornato nel suo territorio di caccia prediletto dopo il sorprendente Fury e il disastroso Suicide squad, dirige con accecante sicumera.

Così, i vari elementi sono iniettati a cascata eludendo con imperizia le difficoltà che provocano, la gestione delle singole fazioni è manichea e la valorizzazione delle eventuali potenzialità è annientata dal QI dei personaggi e relegata al caso che - si sa - non è sinonimo di gran strategia.

Di conseguenza, l’azione è totalmente disarticolata, passando da uno scenario al successivo con giunture scricchiolanti, i temi fondanti rimangono avvolti da pretesti nebulosi e la parte finale imprime il colpo di grazia, tra un’enfasi ridicola, soluzioni inefficienti e spiegazioni che non sarebbero plausibili nemmeno per un ragazzino distratto e che invece vengono silenziosamente accettate dagli integerrimi supervisori di turno.

 

Noomi Rapace

Bright (2017): Noomi Rapace

 

Una caporetto che trascina son sé anche Will Smith, sempre più lontano dal successo (vedi anche i recenti Focus -  Niente è come sembra, Collateral beauty e Suicide squad) e completamente impacciato, mentre Joel Edgerton ha – visti i dialoghi che intrattiene il suo personaggio - la fortuna non poter essere identificato e Noomi Rapace in versione bionda e occhi azzurri - in pratica, l’ottava sorella di Seven sisters - ha una presenza melliflua, sacrificata sull’altare di continue forzature (ovviamente, sembra invincibile e tutto d’un tratto fa la figura dell’ultima arrivata).

Tuttavia, il massimo responsabile di un’operazione deficitaria sotto ogni punto di vista rimane David Ayer, superficiale al punto di non riuscire ad attribuire la minima consistenza al film, anche volendo trascurare il caos generato da una bacchetta magica che annebbia i sensi (come se fosse il famoso anello de Il signore degli anelli) dato che, preso come semplice poliziesco action, non ha proprio nulla da tramandare.

Un grossolano e compiaciuto pasticcio: la vera impresa consiste nel trovare qualcosa da salvare.

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