Regia di Lars von Trier vedi scheda film
Che tortura.. Cosa può creare il fallimento di una scelta universtaria solo Dio lo sa: frustrazioni enormi, senso di onnipotenza, disturbi ossessivi compulsivi, un maniaco, persino un serial Killer. Si perchè se Jack avesse fatto architettura invece di ingegneria tutto sarebbe cambiato, assecondando anzichè comprimendo, lo sviluppo della sua parte
Che tortura..
Cosa può creare il fallimento di una scelta universitaria solo Dio lo sa: frustrazioni enormi, senso di onnipotenza, disturbi ossessivi compulsivi, un maniaco, persino un serial killer. Si perchè se Jack avesse fatto architettura invece di ingegneria tutto sarebbe cambiato, assecondando anzichè comprimendo, lo sviluppo della sua parte artistica.
Lo stesso d'altro canto è valso per Hitler che, se non fosse stato respinto all'accademia delle belle arti da qualche demente critico d'arte non in grado di valutarne appieno il talento artistico, avrebbe diretto e canalizzato la sua rabbia, anzichè su il resto del mondo, su di una tela. Ma con i se e i ma si è riempito il mondo.
Venendo al film si rimane perplessi.
Da un lato l'impresa originale di accostare l'arte, la creatività di un uomo molto intelligente come il protagonista Jack / ( Matt Dillon che, per passare dal bellone palestrato ipodotato a una mente geniale con una perfetta faccia da serial killer dimostra talento) alla follia del generare omicidi verso donne stupide, creando paradossalmente delle opere d'arte. Originale la presentazione di alcune immagini, intervallate agli omicidi, ovviamente citazioni di artisti sia contemporanei come il Dopo il diluvio di David la Chapelle o storicizzati come il Bacio di Gustav Klimt, Paul Gauguin, e altri. Spesso la follia crea e in questo caso anche distrugge. Per lo più vite.
Poi un cast ben diretto, da Bruno Ganz a Uma Thurman e Matt Dillon rende tutto credibile. All'improvviso cadute di tono e di stile, momenti ironici, svuotano la tensione e la violenza inaudita di alcune scene e anche la stima verso il film che nella prima ora regge come thriller anche psicologico, ma poi vira verso horror, splash, comedy.
Forse l'intento è proprio quello di presentare un Gesamtkunstwerk, nel senso wagneriano, tedesco del termine, - cioè un'opera d'arte totale, prettamene artistica, che inglobi e includa appunto tutti i generi. Così facendo però se da un lato Trier allarga il pubblico d'altro canto può perderne altro.
Un film difficile da valutare proprio per la scissione tra la prima ora e la seconda, forse anche un pò troppo lungo, indubbiamente originale, visivamente impeccabile, ma non del tutto riuscito.
Suggerimento: I deboli di stomaco stiano a casa e anche le femministe.
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