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L'amore secondo Isabelle

Regia di Claire Denis vedi scheda film

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La recensione su L'amore secondo Isabelle

di Padremaronno
2 stelle

Un film incredibile. Incredibile che Juliette Binoche abbia accettato di partecipare a un film così brutto, con frequenti cadute nel ridicolo. Dialoghi di una noia mortale, come nella vita delle persone comuni. Se questo è cinema...

Perché Juliette, perché? Questa è la domanda che avrei voluto gridarle mentre assistevo a questo insulso film "d'autore" (nell'accezione peggiore) girato in maniera approssimativa e scritto peggio.

Perché un'attrice dal passato glorioso e dal presente ancora radioso abbia accettato di nobilitare un filmetto per signore afflitte dalle caldane di mezza età resta uno dei tanti misteri di certo cinema borghese e di oscuri meccanismi produttivi. 

Certo, lo sguardo amorevole del direttore della fotografia (parlare di regia, in un film dove a latitare è proprio la mise en scène, sarebbe improprio) esalta la bellezza ancora travolgente della Binoche, il suo sguardo che può far innamorare ogni uomo, il corpo sempre desiderabile nonostante gli anni e diventa l'unico motivo d'interesse del film, costringendoci così a seguire le vicende della sventurata protagonista in una storia sventurata. 

Ah Juliette, perché? Costretta per tre quarti di film in una mise da battona di provincia, minigonna e stivaloni alla Pretty Woman alla disperata ricerca dell'amore, che sembra essere l'unico obiettivo della sua vita. 

Il destino però (o una pessima sceneggiatura) le mette accanto una teoria di uomini più o meno spregevoli, verso i quali la bellissima Juliette si prostra e si umilia elemosinando sesso e amore. Ma davvero? 

Ci si domanda allora cosa sarebbe questa operina senile e forse autobiografica della regista Claire Denise se non fosse illuminata dalla presenza della Binoche, se al suo posto ci fosse stata una donna davvero ordinaria come forse la storia lasciava supporre. 

Qua e là il film sfiora pericolosamente il ridicolo, come nella scena con gli intellettuali nel bosco o nell'incontro in discoteca con l'uomo dalla boccuccia a cuore (chi ha visto il film sa di cosa parlo, purtroppo). 

E poi la musica, naturalmente. Ultimo rimedio per sopperire ai vuoti narrativi, espediente abusato per suscitare emozione nello spettatore anestetizzato da tanta fuffa "autoriale". Perché, come affermava il compianto Monicelli, "La musica è il fallimento del regista" . 

 

 

 

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