Regia di Woody Allen vedi scheda film
La ruota è la vita che gira per tutti noi, con le vicende, gli amori, i tradimenti e i vani tentativi per migliorarla. Poi, se la pallina riesce ad andare oltre la rete (vedi Match Point) le cose andranno bene altrimenti bisognerà arrangiarsi per il meglio. La ruota bella, quella delle meraviglie è solo nel luna park della spiaggia.
Oh, meraviglia! L’annuale film di Woody Allen non ci fa ridere o meglio non fa ridere e non perché noi avremmo voluto e siamo rimasti delusi, bensì più semplicemente l’esimio Autore non ci ha fornito l’ennesima commedia brillante e piena delle sue caratteristiche battute fulminanti e sentenziose. Il vero motivo è che ci troviamo davanti ad una storia drammatica, con tanto di relazioni amorose, passati da nascondere, speranze di vita migliore pur se frustrate da fallimenti ed errori. Una vera storia drammatica che Woody ci racconta in due maniere: sul viso della magistrale Kate Winslet, che esprime ora la luminosità dell’amore, ora la delusione delle vicende, ora l’ira della gelosia; e poi tramite il personaggio narrante Justin Timberlake, che guarda nella camera da presa per spiegarci i suoi pensieri e la trama stessa. Non è la prima volta che il regista pone al centro un traghettatore tra noi e la storia che ci illustra come ha fatto già in Basta che funzioni per esempio; ed inoltre di dramma ne ha girati non pochi come quando nel periodo maturo della sua creatività ha firmato alcuni tra i migliori film dedicati alle donne mai visti al cinema (Alice, Un’altra donna, Settembre, Hannah e le sue sorelle, Interiors). E difatti, anche questa volta è una donna il fulcro, la Ginny della Winslet è il personaggio principale su cui Allen punta lo sguardo più importante facendoci vivere le sue emozioni, che l’attrice rende sullo schermo alla perfezione, dimostrando ancora una volta tutto il suo talento.
La vita è in fondo una grande spiaggia dove, tra tante persone che vanno e vengono, con tante attrazioni tra cui su tutte la grande ruota panoramica, che domina dall’alto i palpiti le relazioni i sentimenti le avventure gli innamoramenti tra gli individui che pullulano Coney Island, spiaggia democratica, luogo aperto a tutti. Militari, famiglie, ragazze, bagnini. Già, bagnini. Quello con l’aria intellettuale che fa innamorare le donne con quel suo fisico atletico che Madre Natura gli ha donato.
Woody ci fa immergere ancora una volta, l’ennesima volta, nelle sue storie ordinarie, fatte di relazioni non sempre facili tra individui di rado intellettualmente onesti, con problemi che si trascinano da sempre come fardelli inesplicabili: passati non proprio cristallini, matrimoni falliti, tradimenti coniugali, nuove infatuazioni, desiderio di evasione da una vita monotona e senza soddisfazioni, il sogno di vivere a Bora Bora.
È ormai diversi anni che Allen prende spunto per le sue storie da riflessioni ricavate dai grandi scrittori del passato e dopo aver sfruttato negli ultimi anni l’immenso Dostoevskij ci serve sul piatto della trama alcuni concetti basilari di Eugene O'Neill: la disgregazione della società americana qui rappresentata da una famiglia che non trova la stabilità necessaria per vivere una vita dignitosa e tranquilla. Una famiglia “di riporto”, formata da una coppia di persone con un matrimonio alle spalle ma che felicissima non è. Manca la sicurezza economica e manca la necessaria complicità coniugale, elementi necessari e indispensabili per la solidità domestica. L’unico personaggio che dà qualche scossone al filo drammatico è uno dei terribili ragazzini che Allen si è inventato in diversi film, specialmente quando parlava del suo passato di adolescente incompreso e avulso dal contesto familiare: qui ha piazzato (e ci ha spiazzati) un irrequieto maschietto che cerca di sfogare le lacune familiari e l’invisibilità agli occhi dei genitori dando fuoco in ogni luogo, coperto o all’aperto, agli oggetti raccolti. Un modo come un altro per dire che “ci sono anch’io”, diventando il motivo degli unici momenti di umorismo acido presenti nel film. Film, beninteso, amaro e con un finale agro, che sposa il pessimismo di base dell’Autore.
La ruota è la vita che gira per tutti noi, con le vicende, gli amori, i tradimenti e i vani tentativi per migliorarla. Poi, se la pallina riesce ad andare oltre la rete (vedi Match Point) le cose andranno bene altrimenti bisognerà arrangiarsi per il meglio. La ruota bella, quella delle meraviglie è solo nel luna park della spiaggia, dove il sole e il mare illudono perché passano prima dagli occhi e poi nella mente.
Gli attori sono tutti in gran forma ma dire che Kate Winslet è grandiosa è semplicemente riduttivo. Le diverse espressioni con cui ci ha espresso i suoi diversi stati d’animo (la felicità dell’amore, la gelosia, la delusione, la rabbia) ci lasciano sbalorditi, perché lei È sbalorditivamente brava. Una attrice fuoriclasse che non smette di dar prova della sua eccelsa maestria. Il resto lo fa una luce bellissima che illumina ogni scena nella maniera ideale, con colori caldi e carichi che ci riportano alla mente i vecchi e splendidi anni ’50 postbellici pieni di speranze, ma soprattutto quando i fasci di luce esaltano l’espressione e la bellezza fulgida di Kate (e anche della Juno Temple). Vittorio Storaro e Woody Allen formano una coppia artistica bella come due coniugi che si amano alla follia. Un altro merito del regista è di aver dato un’ottima chance a Jim Belushi, altrimenti normalmente nelle seconde file, che se l’è cavata benissimo, di averne data una anche a Juno Temple con un ruolo meno ribelle e meno borderline dei suoi soliti ruoli.
Il film nel suo complesso? Beh, è ovvio che il regista che abbiamo ammirato nei decenni scorsi non tornerà più, ma questi ultimi film sono sempre bei viaggi intelligenti nelle relazioni umane, densi di emozioni che ci fanno riflettere, perfino sporcati da qualche crimine seminato qua e là, come coriandoli di egoismo e sopraffazione. A volte ispirati da comportamenti razionali altre volte istintivi. Ma non mancano mai profonde riflessioni mascherate da battute come piace a lui.
Qualcuno storcerà il muso, ma come dico sempre se questi ultimi film li avesse girati un regista sconosciuto diremmo sicuramente “che bravo! chi è?”. Invece è Woddy e io perdono quel qualcuno proprio per questo motivo.
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