Regia di Bob Rafelson vedi scheda film
Un’esistenza senza prospettive, con un lavoro qualunque e le insulse serate passate al bowling con amici scialbi e una fidanzata lagnosa. Dopo la prima mezz’ora viene fuori il passato: un’altra esistenza come musicista, nel solco di una tradizione familiare alla quale anni prima si sono voltate le spalle. Due mondi che non s’incontrano, possono al massimo sfiorarsi (“Io ho simulato un po’ di Chopin, tu hai simulato una grande emozione”), incarnati dalla ruspante Karen Black e dalla signorile Susan Anspach (un grande confronto, per lo più a distanza, fra interpreti femminili). Magnifica storia di uno spaesamento esistenziale tipico degli anni ’70, con qualche elemento che oggi appare inevitabilmente ma gradevolmente datato (la sequenza con le autostoppiste, la conversazione degli intellettuali da salotto). Una scena da incorniciare: Nicholson che suona il piano, mentre la macchina da presa scorre sulle foto di famiglia.
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