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Il ritorno di Mary Poppins

Regia di Rob Marshall vedi scheda film

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Fanny Sally

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La recensione su Il ritorno di Mary Poppins

di Fanny Sally
5 stelle

A metà strada tra il sequel e il remake, ma senza la genuina freschezza, la malinconica allegria e la puerile magia dell'originale.

Osare rimettere le mani su un classico del cinema conosciuto e amato da generazioni di spettatori di tutto il mondo è un’operazione tanto audace quanto rischiosa, ma la Disney negli ultimi anni – pur avendo ottenuto alterni consensi da parte della critica e pubblico – continua a portare avanti questa (opinabile) politica che comunque le sta fruttando parecchi guadagni, realizzando sequel e remake di alcuni dei suoi prodotti più celebri e riusciti.

 

Dopo tanti film di animazione è toccato anche a Mary Poppins, l’iconica tata magica creata dalla penna di Pamela Lyndon Travers, portata al cinema per la prima volta in assoluto nel lontano 1964, non senza difficoltà (come raccontato anche in un altro recente film di produzione Disney, Saving Mr Banks, 2013).

 

Lo scoglio principale era indubbiamente trovare un’attrice che potesse sostituire egregiamente l’indimenticabile ma oramai attempata Julie Andrews, alla cui carismatica e leggiadra bravura è legato il successo del personaggio. La scelta è ricaduta su Emily Blunt, una delle interpreti più eclettiche del momento, apprezzata in ruoli molto diversi ma mai prima d’ora cimentatasi in un musical per famiglie.

Si intuisce come la  Blunt si sia preparata diligentemente alla parte, studiando e riproducendo alcuni atteggiamenti e perfino espressioni appartenuti alla Mary Poppins impersonata dalla Andrews, tuttavia, quell’eleganza sobria e austera propria della prodigiosa governante, nella sua versione appare fin troppo leziosa e fredda, non riuscendo a trasmettere il lato più comprensivo e materno della figura, al di là dei modi risoluti e singolari, il che finisce per renderla quasi antipatica.

 

A non coinvolgere troppo è anche la storia, piuttosto debole, ripetitiva ed eccessivamente dilatata, che non si discosta troppo da quella presentata nel film precedente, pur ambientandosi una ventina di anni più tardi. Protagonisti sono ancora una volta i fratelli Banks, oramai adulti: Michael (Ben Whishaw), come il padre, lavora alla Banca di Londra, ed è l’affettuoso ma imbranato padre vedovo di tre vivaci bambini; la sorella Jane (Emily Mortimer), come la madre, è un’attivista politica, single e timidamente attratta da un simpatico lampionaio di nome Jack (Lin-Manuel Miranda).

A muovere la trama è il rischio di un’espropriazione della casa in via dei Ciliegi, dovuta ai debiti contratti da Michael, ma anche ad una segreta speculazione finanziaria condotta dall’ambiguo direttore Wilkins (Colin Firth). È proprio quando la situazione comincia a diventare critica che la tata giunge dal cielo in soccorso alla famiglia Banks, insegnando a bambini e adulti che niente è impossibile.

 

Da quel momento, dunque, si sussegue una serie di avventure fantastiche e surreali, in bilico tra il sogno e la realtà, in cui gli effetti speciali e la musica diventano padroni della scena. La decisione di riprodurre per lo più le tecniche di animazione del disegno a mano usate in passato si rivela una ventata d’aria fresca, mentre le nuove canzoni, almeno nell’adattamento italiano, risultano di difficile comprensione, a causa dell’abbondanza di parole pronunciate ad una velocità eccessiva.

 

Rob Marshall, pur avendo già diretto diversi musicals e potendo contare su di un buon cast, qui non trova la giusta misura e soprattutto non riesce a portare la leggerezza e il divertimento genuino che ci si aspetta da una pellicola del genere. Quello che latita è anche l'aspetto edificante della favola: la scenografia, gli effetti speciali, i numeri musicali (ridondanti e poco spettacolari), finiscono per sovrastare gli attori e il messaggio, la commozione e la meraviglia non scaturiscono in maniera spontanea, appare tutto un po’ troppo meccanico.

 

Anche i camei di Meryl Streep nei panni di Topsy, una strampalata cugina di Mary, e di Angela Lanbury in quelli della signora dei palloncini, non lasciano il segno, a differenza della breve apparizione di Dick van Dyke che invece in quei pochissimi minuti riporta brevemente alla memoria il brio contagioso del suo spazzacamino Bert (anche se in questo film il suo ruolo è un altro).

 

Passo falso e perfettamente evitabile.

 

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