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C'eravamo tanto amati

Regia di Ettore Scola vedi scheda film

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La recensione su C'eravamo tanto amati

di Antisistema
10 stelle

La Repubblica italiana è nata dalla resistenza, il paese per cui si è combattuto a suon di sacrifici e stenti sulle montagne è degno degli sforzi profusi per esso? Una possibile risposta sintetica è "Boh!", vocabolo che esprime incredulità o incertezza, ma analizziamo la cosa più nel profondo. Nicola (Stefano Satta Flores), Gianni (Vittorio Gassman) e Antonio (Nino Manfredi), hanno contribuito con il loro sforzo sulle montagne al freddo e al gelo a combattere l'invasore tedesco e creare i nuovi presupposti dell'Italia del futuro. 
Una nuova possibilità di inizio per un paese che aveva gettato un possibile inizio nel 1861 e adesso con la fine della seconda guerra mondiale, sulle macerie del conflitto bellico può rimboccarsi le maniche e impostare dei nuovi valori di solidarietà nazionale per ricominciare e sfruttare al meglio questa seconda occasione capitatagli. C'eravamo Tanto Amati di Ettore Scola (1974), segna la definitiva maturità del cineasta che dopo oltre 10 anni di pellicole interlocutorie, riesce finalmente a trovare la quadra anche come regista oltre che come sceneggiatore, sviluppando la narrazione in forma non lineare in una sorta di coming of age individuale dei tre protagonisti, che in realtà diviene poi memoria dell'evoluzione dell'Italia repubblicana a quasi 30 anni dalla resistenza. 
Dopo la fine del conflitto mondiale della loro esperienza partigiana, ognuno dei di loro decide di tornare a casa e mettere a frutto nell'esperienza civile ciò che con la loro vita hanno imparato nel freddo e negli stenti sulle montagne ed un primo risultato decisivo lo ottengono con la vittoria nel referendum monarchia-repubblica a favore di quest'ultima. Il motore è avviato e finalmente si può cambiare il mondo, ma la realtà dei fatti mostra le prime crepe decisive; Nicola è divenuto professore a Nocera inferiore e si prodiga nel sviluppare un cineforum locale con il quale vorrebbe sviluppare dei dibattiti intorno al cinema nascente neorealista in special modo Ladri di Biciclette di Vittorio De Sica (1948), venendo però malamente osteggiato per le sue idee estremiste di sinistra dalla classe dirigente locale che vota Democrazia Cristiana constrigendo l'uomo ad abbandonare la famiglia e cercare fortuna a Roma; Gianni tornato a Roma svolge un umile lavoro di portantino in ospedale campando come meglio può ma con una genuina arte dell'arrangiarsi tutta proletaria fiduciosa nel suo attivismo militante, riuscendo a trovare anche l'amore di Luciana (Stefania Sandrelli), una ex-paziente dell'ospedale ed infine Gianni, che dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza a Pavia decide di andare a Roma in cerca di occasioni di lavoro allettanti, ma trovandosi frustrato perchè al momento è l'ultima ruota del carro tra gli assistenti numerosi di un avvocato facoltoso. 

 


Di bivi decisivi per cambiare in meglio il paese ce ne sono stati, ed il primo tra tutti malamente sprecato fu l'accettare da parte di De Gasperi i 100 milioni di aiuti americani per far riprendere il paese, ma con l'obbligo di escludere i partiti di sinistra dal governo; detto fatto, il Governo De Gasperi IV del Maggio del 1947, fu il primo ad escludere i partiti socialisti e comunisti dalla coalizione e rompere così la concordia nazionale. Antonio commenta ironicamente come per via di tutto questo, data le sue notorie posizioni politiche, non sia stato promosso a differenza di tanti altri suoi colleghi, mentre Gianni che a differenza degli altri suoi due amici ha sempre avuto molte più ambizioni, comincia a gettare via sempre più ogni scrupolo di coscienza in modo da vincere la battaglia contro l'esistenza, pensando di poter in questo modo cambiare la società in meglio, ma sbagliando clamorosamente. 
Scola mostra un'estrema padronanza nella tecnica narrativa notevole, gestendo sapientemente la struttura non lineare del racconto e la progressione della trama che si dipana nell'arco di poco meno di 30 anni, con vari riferimenti ai mutamenti sociali e artistici, quest'ultimi rappresentati dal mezzo cinematografico, si parte con tutta la sequenza ambientata nelle parti iniziali del film girata in bianco e nero, con un sentito omaggio al movimento neorealista che rese il nostro cinema come punto di riferimento all'avanguardia in tutto il mondo, focalizzandosi su Ladri di Biciclette di Vittorio De Sica (1948), con il suo mettere in scena un'Italia di stracci e miserevole, che tanta vergogna provocava alla classe dirigente dell'epoca ed invece tanti elogi doveva ricevere per la capacità di dare una rappresentazione disperata ed incerta di un futuro tutto da costruire, passando poi per gli omaggi espliciti a Fellini con tanto di ricostruzione della scena della Fontana di Trevi della Dolce Vita (1960), con tanto di comparse da parte del regista di Rimini e di Marcello Mastroianni (in rigoroso occhiali oscuri anche di notte, forse a celare anche li viso inevitabilmente invecchiato dati gli anni trascorsi da quel film, d'altronde non c'erano tecniche di lifting digitale!), fino a riferimenti ancor più intellettuali come L'Eclisse di Michelangelo Antonioni (1962) in cui la moglie di Gianni, Elide (Giovanna Ralli), figlia di Romolo Catenacci (Aldo Fabrizzi) un ricco palazzinaro romano disonesto e senza scrupoli, si ritrova a vivere una crisi da alienazione borghese sullo stile di quel tipo di cinema, riferimento per il sottoscritto più oscuro del film perchè non ho visto la suddetta pellicola e del regista di Ferrara ho visto molto poco. 
Ettore Scola per tutta la pellicola mescola in continuazione alto e basso, con espliciti richiami alle opere teatrali di Eugene O'Neil, tramite i monologhi esistenziali che sfondano la quarta parete relazionandosi direttamente con il pubblico, mescolati con elementi della cultura di massa come il quiz di varietà come Lascia e Raddoppia condotto da Mike Buongiorno, al quale partecipa Nicola con la speranza di ottenere non solo i soldi, ma anche la fama necessaria per poter pubblicare un suo libro sul cinema. 
Il mezzo televisivo fa capolinea nelle case degli Italiani, i quali durante la cena consumata in famiglia guardano con fare pigro il programma diventandone sempre più assuefatti e attratti, con scenette simpatiche che suscitano ilarità perchè praticamente identiche a quella della nostra vita di tutti i giorni. Le eccellenze artistiche del paese si scontrano con la "cultura dell'osteria" tipica della gran parte della popolazione italiana, amante nel riunirsi intorno ad un tavolo a consumare grandi quantità di cibo e bevande discutendo di politica e di vita quotidiana, constatando successi ed insuccessi traendo infine un bilancio esistenziale dopo tutti gli anni trascorsi. 

 

Stefania Sandrelli

C'eravamo tanto amati (1974): Stefania Sandrelli


Il regista si approccia alla materia filmica con assoluta umiltà e riverenza verso il cinema italiano ed i suoi grandi maestri, riuscendo però ad elaborare una messa in scena personale che riesce ad unire la settima arte con la sua esperienza come collaboratore del settimanale satirico Marc'Aurelio, fondendo perfettamente comicità elevata e bassa con picchi di intenso dramma fino ad una riflessione malinconica su un passato rievocato in modo si nostalgico, ma con la passione genuina di chi è preda di forti rimossi per via della piega material-consumista che ha imboccato la repubblica italiana, smarrendo la gran parte dei valori che ne erano posti a fondamento; in una toccante sequenza onirica squisitamente di sapore felliniano, Elide chiede a Gianni se ha dei rimorsi, l'uomo con molta noncuranza risponde "si.. si" come a voler troncare con leggerezza e superficialità una domanda che evidentemente ha colpito nel profondo. 
Scola ci offre un ritratto vivido e squisito dell'Italia con personaggi che pullulano di umanità incarnando vizi (moltissimi) e virtù (poche, ma presenti) della gente del nostro paese, non necessariamente puntando sempre sulla parola, ma anche con delle semplici inquadrature con una fotografia semplice ma centrata nel dare subito un'idea sulle varie figure che pullulano la pellicola a cui basta solo un'immagine del viso per bucare lo schermo come con la Luciana di Stefania Sandrelli, oppure con il ributtante Romolo, i cui tratti fisici sfigurati dall'obesità danno una raffigurazione immediata della sua turpe moralità, così come Gianni con il suo sguardo analitico rivolto sempre altrove, quando osserva il mezzo busto di Mussolini presente nella casa di Romolo, decidendo comunque di difendere l'uomo gettando via praticamente tutta la vita fino ad allora spesa a combattere contro ogni turpe degradazione scaturita dal fascismo e da coloro che hanno appoggiato il dittatore, forse con l'ingenuità di chi pensava che sporcandosi un pò le mani potesse risolvere i problemi della società arrivando ai piani alti, finendo però con il venirne risucchiato e riplasmato in una forma ancor peggiore di quella della vecchia classe dirigente impersonata da Romolo che afferma tre volte "non moro, non moro, non moro!".
Giunto ai piani alti Gianni ha ottenuto la ricchezza materiale agognata divenendo parte del problema che affligge il paese e simbolo più grande del fallimento della Repubblica non all'altezza degli sforzi compiuti per farla nascere. Adesso intorno all'avvocato c'è terra bruciata a livello affettivo, anche perchè Elide era solo un mero contraltare da sfruttare per far risaltare maggiormente la propria intelligenza. Da contraltare A lui c'è un'Italia diversa, minoritaria oramai, che si incammina verso un ulteriore futuro sempre più dubbiosa ma con l'assoluta necessità che nella battaglia eterna tra noi ed il mondo, dobbiamo assolutamente vincere noi. 
Tre interpreti mostruosi con menzione d'onore per Vittorio Gassman ed un Nino Manfredi ai massimi livelli, mentre Stefania Sandrelli indubbiamente spicca meno come doti recitative rispetto al trio, ma con il suo solo viso inquadrato, ripaga pienamente della propria presenza. Punto di arrivo della commedia all'italiana, C'eravamo Tanto Amati unisce il genere con il cinema di impegno sociale, risultando il miglior film di tutta la carriera di Ettore Scola e capolavoro assoluto nell'intendere il cinema come arte popolare, che mira a risvegliare le coscienze delle masse dormiente, puntando a lasciar loro una moltitudine di emozioni che vanno dalla risata, alla riflessione sino al pianto, con un pensiero amaro su quanto fosse un tempo grande il nostro cinema e come si deve necessariamente fare di tutto per riportarlo ai fasti che merita, senza rassegnarsi pigramente ai tempi cambiati, ma questo vale sopratutto per il nostro paese che deve necessariamente essere degno di chi ci ha creduto e sopratutto smettendo di gettare nel gabinetto i bivi decisivi per poterlo veramente cambiare.

 

Aldo Fabrizi

C'eravamo tanto amati (1974): Aldo Fabrizi

 

Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297

 

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