Regia di Ettore Scola vedi scheda film
Trent'anni di storia italiana, dalla fine della seconda guerra mondiale al 1974 in cui il film esce, mirabilmente rappresentati da una sceneggiatura (Age, Scarpelli, Scola) ispiratissima e ricca in maniera impressionante di situazioni memorabili e allegoriche. L'allegoria di fondo è quella - pasoliniana quanto basta - che vede i tre protagonisti maschi spartirsi una sola donna (l'Italia, appunto) nel nome ciascuno dei propri ideali politici: il democristiano, il comunista, l'extraparlamentare di sinistra. Ma rispetto a Pasolini la polemica socio-ideologica di fondo è sostituita in gran parte da una sottile nostalgia esistenzialista che di tanto in tanto culmina, esplode in frasi come "Il futuro è passato e noi non ce ne siamo nemmeno accorti" o "Credevamo di cambiare il mondo e invece è il mondo che ha cambiato noi"; C'eravamo tanto amati è inoltre il primo tentativo di Scola di realizzare un grande affresco filmico: ne seguiranno la scia titoli come La terrazza (1980), Ballando ballando (1983) o La famiglia (1987), tutti lavori corali. In pellicole di tale stampo è fondamentale quindi la scelta del cast: qui i ruoli sono spartiti fra interpreti di chiaro valore, ma soprattutto tutti perfettamente in parte: Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli, Stefano Satta Flores, Nino Manfredi, Aldo Fabrizi, Elena Fabrizi (la sora Lella, che curiosamente nel film è sposata proprio con il fratello!), Giovanna Ralli: chi potrebbe scegliere con certezza l'attore o l'attrice che ne esce meglio? Manfredi è forse il più gradevole, ma per motivi di scrittura del personaggio innanzitutto (è in fondo il simpatizzante comunista in cui gli autori si rivedono), così come di Luciana/Sandrelli è difficile pensare male nonostante i continui tradimenti e indecisioni. In una rilettura della storia italiana dalla metà dei Quaranta alla metà dei Settanta, poi, non poteva mancare il cinema: ecco che Scola si sbizzarrisce citando a piene mani e in maniera esplicita Rossellini, Fellini, De Sica e molti altri dei suoi maestri e colleghi; gli ultimi due inoltre compaiono in carne e ossa nella pellicola, oltre a Mastroianni e Mike Bongiorno, tutti nel ruolo di sè stesso, a testimonianza della complicità e fraternità che si viveva in quegli anni a Cinecittà (dove peraltro Bongiorno non disdegnò di fare capolino più volte, sia come guest star che come vero e proprio interprete). Il sogno della nazione liberata nel 1943-45 è insomma svanito, sepolto sotto la polvere degli anni nel frattempo trascorsi: ciò che rimane ora dell'Italia pensata allora è soltanto un mucchio di ideali ritriti e fasulli, mentre il Paese concreto è cresciuto da sè, emancipandosi da quella proiezione che peccava di giovanile idealismo. Tanto vale lasciarsi quindi? 9/10.
Antonio, Gianni e Nicola sono partigiani durante la seconda guerra mondiale. L'Italia è liberata e le loro vite riprendono: diventeranno un assennato portantino comunista, un ambizioso avvocato democristiano e un idealista e frustrato insegnante di estrema sinistra. Una donna li accomunerà.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta