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C'eravamo tanto amati

Regia di Ettore Scola vedi scheda film

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La recensione su C'eravamo tanto amati

di scandoniano
10 stelle

Gianni, Nicola e Antonio, ex commilitoni durante la seconda guerra mondiale, si ritrovano dopo varie  vicissitudini a Roma, dove condividono, prima ancora che l’amicizia, la passione per la stessa donna. Le loro vite ed i loro caratteri tanto diversi li portano ad avere un rapporto ora morboso ora scostante. Le loro strade alla fine sembrano dividersi, sullo sfondo di una Roma che inneggia ontologicamente al “volemose bbene” e che in fondo, è il collante reale di tutto.

“La fine all’inizio” l’ha chiamata qualcuno: la struttura narrativa del film è architettata in  modo tale da spiazzare completamente lo spettatore: la scena iniziale, lo dice proprio uno dei protagonisti, verrà completata solo nel finale del film; in mezzo lunghissimi flashback, alcuni in bianco e nero, altri a colori, per lasciar comprendere a tutti la complessità e la grandiosità del loro rapporto d’amicizia.

Il film è un affresco magnifico: sul piano storiografico sono innumerevoli le chicche che trattano trent’anni di storia italiana, riportata costantemente sullo sfondo delle vicende dei 3 amici; i fatti sono ideati con straordinaria maestria, mentre i dialoghi e le caratterizzazioni dei personaggi sono di pregevolissima fattura; la semplicità estetica con cui Scola presenta le vicende sono come maschere volutamente trasparenti, che celano una profondità di tematiche, una complessità di situazioni, dei sottesi che necessiterebbero di altrettanti film, ognuno teso a narrare con il giusto grado di approfondimento tutto quanto c’è dietro ogni singola scena. Una forza espressiva senza eguali, che lacera un’apparente semplicità di contenuti, riempiendola di significati profondi e strutturati che s’aggrappano alla storia, al costume, all’italianità.

Con buona probabilità si può parlare del film manifesto dell’autore irpino-romano, a cui, non a caso, partecipano personalità di tutto rispetto (Fellini, De Sica, ma anche Mastroianni e Mike Bongiorno, protagonisti di altrettanti camei). Il finale è emblematico: il ricco, solo e depresso Gianni, che ha preso la via del successo facile, tradendo tutti i valori portanti dell’animo italiano e gli altri 3 protagonisti, che si interrogano su un argomento banale, forse il più banale delle quasi tre ore di film, proprio a testimonianza che chi è in pace con la coscienza in fondo è felice anche quando sarebbe legittimato a non esserlo.

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