Regia di Ettore Scola vedi scheda film
Ci sono film che ti entrano nel cuore e non ti lasciano più. C’ERAVAMO TANTO AMATI personalmente lo è per due motivi: quando ero piccolo guardavo solo film comici e commedie e vidi il film di Scola diverse volte rimanendo colpito dal lato “esteriore”, le interpretazioni e diverse situazioni divertenti. Divenuto adulto ho apprezzato e colto la profondità del film, i significati (neanche tanto) reconditi, la Storia dietro le Storie dei quattro personaggi e la loro complessità. Solo la commedia ha la capacità di avere un substrato interiore ed esteriore, la forza unica di far ridere e riflettere insieme, di cogliere lo spirito di un paese attraverso l’ironia. Un vantaggio che gli altri generi non possono nemmeno sognarsi.
Una seicento blu con il parafango rotto avanza su una stradina di fianco a una villa. Un uomo esce dall’interno della villa in accappatoio e zoccoli, fuma una sigaretta e si dirige verso il trampolino di una piscina. Tre persone scendono dall’auto, sono Antonio, Nicola e Luciana. L’uomo che sta per compiere il tuffo è Gianni. AVVERTENZA GIANNI FINIRA’ IL TUFFO ALLA FINE DI QUESTA STORIA CHE EBBE INIZIO TRENT’ANNI FA. Gianni, Nicola e Antonio sono in montagna, con altri partigiani preparano un attentato a una pattuglia di tedeschi. L’Italia è liberata, Gianni conclude gli studi in legge a Pavia, Nicola intraprende la carriera di professore nella sua Nocera Inferiore, Antonio il portantino al San Camillo di Roma. Quest’ultimo proprio qui conosce Luciana, una ragazza friulana aspirante attrice. Vanno a teatro a vedere STRANO INTERLUDIO di O’Neill in cui gli attori vengono illuminati da un cono di luce in cui esprimono pensieri senza essere “sentiti”. Antonio e Luciana mutuando questa convenzione si dichiarano reciprocamente, al “Re della mezza porzione” riappare Gianni che rimane folgorato da Luciana. I due si innamorano e comunicano la notizia ad Antonio che inizialmente sembra accettare con rassegnazione la decisione per poi rincorrere Gianni e prenderlo a testate. “Ti pensavo buono e generoso”, esclama Luciana, “…e ce semo stufati de esse boni e generosi” replica Antonio. Intanto a Roma arriva anche Nicola che ha mollato famiglia e paese per gli ideali. A Nocera al cineforum dopo la proiezione di LADRI DI BICICLETTE alcuni notabili (su riflesso della DC nazionale) attaccano il film mentre Nicola Palumbo:”Noi stasera abbiamo visto un film stupendooo!...Nocera è inferiore perché ha dato i natali a individui ignoranti e reazionari come voi!”, licenziato dal suo preside non scende a compromessi e si rifugia nella capitale lontano da “acque stagnanti in cui si affonda un poco alla volta, questo è la provincia”. Gianni diventa avvocato di Romolo Catenacci, un capomastro sgrammaticato fattosi impresario edile corrotto e nostalgico del fascio, persuaso dalla sua filosofia spicciola ma efficace, “tu ci metti la carta bollata, io quella filigranata e vedrai che la giustizia trionferà. Nella vita, chi ha vinto la guerra con la coscienza ha vinto la battaglia dell’esistenza”, ne sposa la figlia bruttina Elide e piano piano prenderà le redini dell’impresa. Luciana tenta il suicidio per l’abbandono di Gianni, ha un flirt con Nicola suscitando le ire di Antonio, le loro strade si separano e dal b/n si passa al colore segnato dal dipinto sull’asfalto di un madonnaro (opera dello scenografo Luciano Ricceri). Nicola tenta la fortuna nella popolare trasmissione televisiva LASCIA O RADDOPPIA presentandosi come esperto del Neorealismo e in particolare del cinema di Vittorio De Sica. Per una domanda equivoca perde tutto e torna a casa con una seicento. Sul set de LA DOLCE VITA Antonio rincontra brevemente Luciana. Elide, la moglie sgraziata e sempliciotta di Gianni è diventata un’esteta cultrice dell’incomunicabilità di Antonioni (L’ECLISSE), incompresa e alienata si suiciderà. “La morte sublima” dice Elide citando il Siddharta. Anni dopo Antonio incrocia Gianni a un parcheggio e per un equivoco lo scambia per un guardia macchine. Si danno appuntamento per una rimpatriata al “Re della mezza porzione”. “Ciao Antonio ci rivediamo tra altri venticinque anni cioè mai più”, bofonchia Gianni. Solo nella sua grande villa insieme al suocero decide di andare. Durante la cena affiorano ricordi, malinconie e contrasti ideologici mai sopiti tra compagni. Ad una veglia per l’iscrizione dei figli a scuola Antonio presenta la sua signora ai vecchi amici, Luciana. “Io in tutti questi anni non ho fatto altro che pensare a te…Ma io no…Ma io pensavo che un grande amore fosse un grande amore…”, sussurra un Gianni disinteressato a qualsiasi tematica sociale e politica a Luciana. Scambiatisi le patenti i tre a bordo della seicento di “Lascia o raddoppia” vanno a restituire la patente e scoprono che Gianni Perego è un miliardario.
C’ERAVAMO TANTO AMATI è la commedia capolavoro del cinema italiano e di Ettore Scola. Amore, amicizia, ideali, cinema, politica, televisione, trent’anni di storia condensati in un film memorabile venato di malinconia, ironia, battute e drammi. “L’intellettuale è più oltre” rivendica l’arrabbiato Nicola, così anche C’ERAVAMO… va oltre il concetto di commedia e della frase di Antonio Pietrangeli “una storia comica può avere una carica di realismo pari a quella di una vicenda drammatica”. Dalla Resistenza al dopoguerra, dalle speranze del Boom alle illusioni e disillusioni, tre amici e una donna attraversano gli avvenimenti cardine della nostra storia approdando agli anni settanta sconfitti e lacerati. “Sono i Gianni Perego che cambieranno questa società in una società più giusta” auspicava Antonio. Gianni l’avvocato di belle speranze e idee socialiste diventa un capitalista tradendo tutti dagli amici a Luciana fino alla moglie Elide. Un mostro di egoismo e opportunismo che per la carriera ha sacrificato affetti e ideali. Antonio portantino “vittima dell’accordo De Gasperi-Stati Uniti” è un comunista semplice, onesto e sincero, mentre Nicola è l’estremista votato allo spreco “buttare via la propria vita significa farne il migliore degli usi” e che “sta sempre in cattedra come tutti i falliti”, da professore e padre di famiglia si trasferisce a Roma per finire a scribacchiare di cinema sui giornali come vice. In sintesi Gianni è la razionalità, Nicola le illusioni perdute e Antonio il cuore. “Volevamo cambiare il mondo ma il mondo ha cambiato noi”. Luciana, l’aspirante attrice che sfiora la celebrità con Fellini e Mastroianni ma interverrà Antonio a spezzare le sue ambizioni/illusioni, è un personaggio (che sarebbe piaciuto a Pietrangeli) pure lei sconfitto e costretto dopo vario peregrinare a tornare al primo amore. Dedicato a Vittorio De Sica che appare in un cameo in cui spiega la veridicità dell’episodio di LADRI DI BICICLETTE che aveva sancito la sconfitta (l’ennesima) di Nicola al quiz televisivo (altra bella metafora) per colpa di “un testo quantomeno ambiguo se non subdolo”. Tra le tante scene da ricordare (tutte bellissime e degne d’analisi e approfondimento) quella tra i compagni Nicola e Antonio che si menano insultandosi sotto gli occhi di Gianni il miliardario che cerca di dirgli che devono prendersela con lui e non tra di loro ha dei riferimenti ancora attuali. L’eterno auto flagellarsi della sinistra di ieri e di oggi. Scola, Age, Scarpelli, Gassman, Manfredi, Sandrelli, Fabrizi che altro aggiungere, mostri sacri del nostro cinema insieme a Giovanna Ralli e Stefano Satta Flores. Questi ultimi due nei ruoli di una vita, specie il compianto e generoso Satta Flores. E infine il tema musicale di Armando Trovajoli ha il merito di racchiudere in tre minuti l’essenza di una pellicola davvero indimenticabile.
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