Regia di Asif Kapadia vedi scheda film
Un "excurcus" infallibile, necessario e controcorrente nel descrivere la figura del calciatore più controverso e geniale di tutti i tempi. Asif Kapadia realizza un lavoro chirurgico e lineare al ritmo dei video "vintage" di un epoca (e di una Napoli) fosca e irripetibile.
"C ' era una volta Maradona" o "El pibe de oro", "el pelusa" , "El diez" o "el mago de la pelota", sono tante le definizioni per descrivere il più grande genio della palla sferica.
Ma il genio è un personaggio scisso: c'è Maradona, personaggio controverso, arrogante e indiscusso , votato agli eccessi.
Poi vi è Diego, il ragazzo povero, nato nelle favelas di Buenos Aires, bimbo prodigio del pallone, profondamente umano e fragile che a 15 anni mantiene già la sua famiglia.
Sono due personaggi con cui il suo preparatore atletico Fernando Signorini andrebbe "in capo al mondo con Diego, con Maradona non darebbe neanche un passo".
Asif Kapadia da abile documentarista compone queste due anime erranti del mondo calcistico, cercando di far convergere i poli opposti in un unica direzione. Concentrandosi più sul periodo napoletano del campione, Kapadia come un abile sarto cuce e ritaglia un romanzo tra tragedia, talento puro e umanità sulla figura di Maradona.
I filmati di repertorio ci restituiscono una Napoli "Vintage", oppressa dal post terremoto e dove tra le macerie spadroneggia la camorra.
Non è ancora la Napoli turistica e da cartolina di cui si gode oggi, ma quella dei bassi e delle periferie degradate dove comandano miseria e disoccupazione.
Sul lungomare di Mergellina sfreccia intanto un auto che attraversando la tangenziale corre in zona San Paolo, nei pressi dello stadio. È un inizio atipico per un documentario, ma acquisisce un valore temporale enorme, nel reclamizzare una sorta di periodo "d'antan" in cui gli inseguimenti del "poliziottesco all'italiana" erano il pane quotidiano dell'epoca.
Kapadia cesella così l'arrivo del nuovo "Dio" del Napoli, acquistato dal Barcellona tramite un operazione intricata e sottolineata da un insolente giornalista che accusa il presidente Ferlaino di accordi sottobanco con la Camorra.
La bellezza del documentario è concentrata tutta in quelle telecamere retrò, quasi da cinemino famigliare, che invece della comunione della cuginetta, inseguono un giovane campione timido e spaesato, che palleggiando dinanzi ad una bolgia adorante , pronuncia da novello pontefice del calcio "Buonasera napolitani."
Un campione in erba esitante e incerto nutrito dall'affetto smisurato di gente periferica e votata alla religione del calcio.
Perchè "Maradona" di Kapadia accompagna noi spettatori in un oasi calcistica di un altro tempo, di fuoriclasse la cui bellezza di un gesto atletico si racchiude nella gioia urlata di stadi stracolmi e colorati, di strade povere che attraverso le bandiere tentano di riprendersi onori e dignità, rubate da squadre stracittadine del ricco settentrione.
Il Maradona restituito da Kapadia è dunque figlio di un tempo e un epoca dove il calcio non era fondato su merchandising e follower, ma sull'autenticità del genio e del talento.
Quel talento spropositato e troppo grande per le spalle di un ragazzo giovane , la cui imberbe immagine serve a uomini del crimine che lo esibiscono come una mascotte nelle proprie cerimonie.
La bravura di Kapadia sta nel disegnare un epos umano oscillante tra genio, demoni interiori e fragilità umana. È la stessa voce del Maradona odierno a narrarsi nelle sue gesta , nei misfatti e nelle debolezze , accompagnato da sodali in campo e non , ultrà Napoletani , ex mogli e parenti stretti.
Intanto dinanzi a noi scorrono come in un film le immagini di una parabola sin troppo umana, affogata nelle polveri prima della strada di "Villa Fiorito" e poi in quella bianca della cocaina in cui Maradona "sporcò " il suo talento.
Un uomo che nelle immagini di Kapadia appare come un personaggio poetico, uscito dai versi di quei cantori sudamericani come Borges o Galeano, narratori illustri delle sue prodezze.
Ma il Maradona visto su questo eccellente documentario è anche quello umano, sporco e tragico , eletto "Dio" quasi suo malgrado, la cui anima era quella di un bambino puro,prima sfruttato e poi inviso al potere, che ne fece un "Dio" sporco, vizioso e controverso,sbarazzandosi di lui come del parente cattivo di cui ci vergognamo. Ma la sua umanità è rimasta intatta, sopravissuta al tempo e agli eccessi, in quell'immagine grottesca degli ultimi tempi che incedeva pesantemente, ricordandoci nella sua triste parabola che " Dentro il campo da calcio, la vita coi suoi problemi sparisce" , frase malinconica di un genio al crepuscolo,che voleva solo ricordarci le gioie che aveva regalato a Napoli e al mondo, motivo per cui tutti lo amavamo.
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