Regia di Asif Kapadia vedi scheda film
Meticoloso documentario su "Diego Armando Maradona".
È stato detto e scritto tanto su Diego Armano Maradona. Santo o diavolo? Sicuramente né l’uno né l’altro, ma solo giocatore eccezionale, piede sinistro fatato, calciatore unico e inimitabile; tanti film su di lui, ma questo ha un quid in più, è un documentario emozionante e meticoloso realizzato da Kapadia, grazie alle 500 ore di materiale inedito che la famiglia del campione ha messo a disposizione del regista, che ricostruisce la sua favola, senza lieto fine. Si parte da quando il piccolo Diego comincia a scalciare con un pallone di stracci, ancora bambino, in quel di Villa Fiorito, che era tutto fuorché una villa fiorita: una miserrima favela con case baracche, nella periferia estrema di Buenos Aires. Maradona a 14 anni già provvedeva, giocando a calcio, a mantenere tutta la sua numerosa famiglia. A Napoli arriva dopo l’infausta esperienza al Barcellona, il mefistofelico Ferlaino, riuscì a portarlo nella città partenopea, al prezzo di 13 miliardi, un’enormità per l’epoca; è il 4 luglio del 1984, Diego si esibisce in qualche palleggio davanti ad una folla oceanica, che aveva pagato mille lire per vederlo. Alla presentazione, durante la prima conferenza stampa, dove c’erano tutti, ma proprio tutti, uno sciagurato giornalista francese pose la domanda “terribile”: “Maradona ma lei lo sa che qui c’è la camorra?” Ferlaino prende la parola e indignato lo insulta e lo “invita” con fervore ad abbandonare la sala; Diego è ancora spaesato, non conosce l’italiano, ma è sveglio e impara presto e dopo un po’ lui diventa più napoletano dei napoletani, un simbolo del riscatto della città di Napoli; la rivalsa del povero contro il ricco, l’emblema di ogni sud del mondo bistrattato e povero contro un Nord potente e prepotente; i tifosi napoletani leggono striscioni vergognosi negli stadi del settentrione, ad accogliere le trasferte della squadra partenopea, ma lui imperterrito trionfa e fa trionfare il Napoli; le sue magie servono alla riscossa di un popolo, una vera e propria rivalsa sociale, che va oltre le vittorie calcistiche; Maradona “rivoluzionario” a modo suo, diventa il re di Napoli, un' icona di giustizia per i suoi tifosi,che lo adorano e gli perdonano qualsiasi stravaganza; lui si pone sempre dalla parte dei reietti, degli ultimi; Diego, trascorre in Italia 7 anni, imprendibile sul campo dove vince due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa Uefa e la Coppa del mondo in Messico nel 1986,in una partita indimenticabile, con l’esecuzione del suo celeberrimo gol scippato all’Inghilterra e compiuto con la “mano de Dios” atto di sberleffo contro una nazione arrogante, che si era appropriata con la forza militare delle Falkland; entra poi nella leggenda con il successivo gol giudicato il più bello di tutti i tempi. Le tante suggestive immagini del film,mostrano tutta la bellezza di un gioco,che attraverso le acrobazie funamboliche del Pibe, si fa arte, in virtù di quella maestria da giocoliere, tale da infondere, in chi lo vedeva, l'impressione che la palla fosse incollata al piede; poi arriva rapido il suo declino, la cocaina, la corte dei miracoli attorno a lui, le amicizie “”audaci”, i problemi di salute. Dal Boca Juniors al Barcellona, dal Napoli alla squalifica per doping nel 1991, che mise fine all'esperienza italiana, le immagini ricostruiscono la parabola drammaturgica di un fuoriclasse “Marziano”, finito dal tetto del mondo di Città del Messico all'umiliazione di un'intervista del 2004, in cui è obeso e in lacrime. Genio e sregolatezza.
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