Regia di Mamoru Oshii vedi scheda film
Prologo della filosofia cyberpunk più rivoluzionaria di sempre sia tecnicamente che in campo concettuale. Oshii si rimbocca le maniche...
Il primo film della serie animata Patlabor ha un respiro decisamente più adulto rispetto a quello dell'anime originale concepito e creato dal gruppo Headgear alla fine degli anni Ottanta. Mamoru Oshii non solo supervisiona l'opera ma ne è regista e direttore creativo assieme ai suoi più fidati collaboratori. Ad essere precisi, il trio che definirei "leggendario" che gestisce tre delle mansioni più importanti della lavorazione del film è lo stesso che nel 1995 darà alla luce Ghost in the Shell: Oshii alla regia, Kazunori Ito alla sceneggiatura e Kenji Kawai alla colonna sonora. Ciò non è affatto da sottovalutare, in quanto Patlabor: the movie è, in tutto e per tutto, un banco di prova sia tecnico che nell'estetica per ciò che saranno Ghost i the Shell e Innocence (2004). La fantascienza adattata al sociale e alla vita quotidiana che aveva già definito la serie animata come una delle più originali dell'epoca, nel lungometraggio acquisisce vere e proprie atmosfere cyberpunk fanta-politiche da thriller. Motoko Kusanagi e la sezione nove non ci sono ma, al loro posto, agisce la seconda sezione del corpo speciale della polizia di Tokyo, abilitata all'uso di labor (robot umanoidi comandabili da una cabina interna posta al livello dell'addome) per missioni che comprendono il pronto soccorso, lo spionaggio o il combattimento contro altri labor quando essi si trovano in mano a criminali. Il genere "mecha" classico alla Mazinga viene completamente rivoluzionato, in quanto Patlabor è una proiezione altamente realistica e di fatto possibile del futuro nel campo della robotica applicata, senza nemici mostruosi che riflettono il terrore dei disastri atomici di Hiroshima e Nagasaki, senza elementi fantasy come combattimenti contro alieni o demoni provenienti da antiche camere di ibernazione poste al centro della Terra, senza armi che sfruttano energia radioattiva direttamente assorbita da onde solari, senza, insomma, dover ricorrere agli ormai cliché delle tante opere firmate Nagai o Yasuhiko. I robot di Patlabor sono semplicemente degli automezzi avanzati: non volano in orbita, non sparano raggi gamma e, soprattutto, non difendono l'umanità, ma solamente la fragile quiete della Tokyo metropolitana.
TRAILER (sottotitoli in inglese)
La storia, infatti, narra semplicemente di come, per venire incontro alla sovrappopolazione della capitale giapponese, gli industriali più potenti del Paese, in accordo col governo, decidono di attuare un progetto di edificazione dalle proporzioni titaniche: il "progetto Babilonia", che prevede entro il ventunesimo secolo la costruzione di diverse piattaforme artificiali nella baia di Tokyo su cui poi poter costruire edifici e grattacieli. Siccome è una corsa contro il tempo, per aumentare l'efficienza del lavoro, ai vari labor edili sparsi per i cantieri viene riformattato il processore centrale introcudendo in esso un sistema operativo che ne aumenta la produttività del 30%. Tutto sembra andare bene fino a quando in giro per la città non cominciano a manifestarsi casi di labor letteralmente impazziti che non rispondono ai comandi. Viene dunque chiamata la seconda sezione per indagare.
Questo è l'incipit del lungometraggio, e posso assicurare che la trama è molto meno prevedibile di quel che si possa pensare.
Già dalle prime sequenze si capisce che Oshii vuole, come aveva fatto con Lamù nel 1983/1984, stravolgere i canoni della serie televisiva adattandoli ai suoi deliri onirici saturi di filosofia, politica anticonformista e geniale costruzione estetica delle immagini. Il regista è ancora quello di Angel's Egg (1985), il suo film d'animazione precedente: criptico, meditativo e fortemente comunicativo tramite silenzi e movimenti "di macchina" minimali.
La fotografia blu/rossa/viola immersa nelle tenebre dei vicoli o nelle ambientazioni notturne più claustrofobiche, i monologhi di certi personaggi alle volte in terza persona, la costante accensione di sigarette, le musiche synth dai toni spirituali, le citazioni bibliche, gli scontri ideologici tra capo e subordinato, l'informatica che prevale sulla coscienza umana sono tutti elementi di natura diversa che cominciano ad essere presenti nella poetica di Oshii in maniera ancora leggermente timida e non sempre perfettamente contestualizzata, ragion per cui, in una sequenza temporale di opere, il formarsi della perfetta e maniacalmente ben costruita visione cyberpunk di Ghost in the Shell comincerà a rendersi più solida dopo questo film: Patlabor the movie (1989), Patlabor 2 (1993), Ghost in the Shell/Innocence (1995/2004).
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