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Nome di donna

Regia di Marco Tullio Giordana vedi scheda film

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Karl78

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Nome di donna

di Karl78
4 stelle

Va in scena la fiera del fallimento. Una tizia che viene invitata a tarda ora nell'ufficio del capo, che le dice una prima volta di non levarsi la divisa prima di ripresentarsi, reinvitata una seconda volta ha la 'prontezza' di cambiarsi d'abito ma non di accendere il registratore di quel padellone di smartphone che si porta appresso, nonostante abbia chiaramente subodorato la puzza di marcio (molestie sessuali e mobbing). Il compagno è un fallito senza palle. Il sindacato e relativo avvocato rappresentano fallimento e incapacità senza appello. La vittima conferma poi la sua stupidità non solo affidandosi con leggerezza a un fallito di avvocato del sindacato ma neppure considera le possibili conseguenze di quest'azione. Ovvero: e se quel fallito di avvocato di quel fallimento di sindacato dovesse fallire? A cosa vado incontro? Come mi paro il culo? Regola numero uno per qualsiasi essere umano raziocinante e per qualsivoglia strategia legale. E infatti, dopo il fallimento prevedibile e annunciato, seguono denuncia per diffamazione (che desta sorpresa nella vittima, a riconferma della di lei stupidità), sospensione non retribuita dal lavoro, ecc. Con cervelli di questa caratura tanto valeva piegarsi a 90 sin dall'inizio e farselo spingere fino in fondo. Nel 2018 poi... Ma non disperiamo, negli ultimi 20 minuti la situazione cambia e diventano tutti superfighi: telecamere nascoste (illegalmente o no? non è chiaro. Comunque le riprese vengono ammesse in aula) con tanto di incursioni notturne per riprendere i misfatti, avvocati arrivati da fuori che non hanno mai perso una causa, ecc. Poi si arriva al processo, e lì l'idiota diventa il capo direttore (un ragioniere??) molestatore, con un'uscita che grottesca è dir poco, ma anche le avvocatesse ci mettono del loro. E il finale? Col giornalista che molesta la collega? Tragico? Comico? Grottesco? Disincantato? Provocatorio? Sbaglio, o lei ci sta? Se così, un punto a favore.

 

Tolta la sceneggiatura, restano una regia di Giordana questa volta da sceneggiato televisivo e interpretazioni non certo da Oscar, anche se ci si prova - Capotondi, Asti... I temi, molestie sessuali e mobbing sul lavoro, sono delicati non solo di per sé stessi ma anche perché ormai talmente abusati cinematograficamente da diventare vuota retorica. E Nome di donna ci casca in pieno. Peccato perché nella delicatezza di cui sopra, ci rientra anche il ruolo delle donne non sempre così incolpevoli/e, questione alla quale - finalmente - qua e là si accenna ma senza arrivare fino in fondo, senza portare la cosa alle estreme conseguenze, senza il coraggio e/o la volontà di osare ma ripiombando invece nella retorica banalità del già visto e già sentito. Il pregio sta nella durata: un'ora e mezza scarsa. Che però è forse anche un difetto, perché se a quanto sopra aggiungiamo il tema dell'ipocrisia - colpevole, criminale, omertosa, mafiosa, paracula, buonista e perbenista - tipicamente - non necessariamente - 'cattolica' (il contesto lavorativo quello è), il ruolo dei partiti politici e quello della difficoltà in sede giudiziaria a dimostrar fatti e ad ottenere condanne esemplari relativamente a questa tipologia di reati, la carne al fuoco diventa parecchia e alla luce di ciò la sceneggiatura risulta ancor più poca cosa, sbrigativa, tirata via (per non dire dell'allusivo pippotto dell'avvocato difensore del molestatore, che la butta in politica oltreché in vacca, additando il sindacato come responsabile, di fatto, della crisi del mercato del lavoro e della chiusura di aziende e imprese. Pippotto che allude, evidentemente nelle intenzioni di sceneggiatore - sempre Giordana, insieme a Mainardi - e regista, a situazioni e contesti reali in cui si nascondono, dietro le accuse ai sindacati, le porcate e le responsabilità aziendali. Ma semplificazione anche qui... Purtroppo i sindacati hanno le loro enormi colpe - non necessariamente quelle che gli attribuisce la ciancia politica - così come le hanno lavoratori di ogni ordine e grado, operai compresi. Raccontarsi e ripararsi dietro cazzate ideologiche non aiuta, se non ad illudersi e ad illudere il prossimo). Se voleva essere 'cinema di denuncia' - quasi un ossimoro - il bersaglio è stato - ennesimo fallimento a chiudere la fiera - totalmente mancato, per i modi più che per i temi, ed il risultato somiglia piuttosto a un mix di Barbara D'Urso e Squadra mobile o qualsiasi altra stronzata vada ora sulla tv italiana.

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