Regia di Marco Tullio Giordana vedi scheda film
Un romanzo di formazione. Storia antica come il mondo però mai analizzata. Tutti gli attori, co-protagonisti e piccoli ruoli, sono portatori di verità. Adriana Asti sublime. Ogni volto femminile racconta il suo differente dramma. Le figure maschili poi sono perfette: il potente/poveraccio, il fidanzato impotente, il prete subdolo. È proprio così...
Il cinema di Marco Tullio Giordana non è mai casuale; l'obiettivo non è solo quello della macchina da presa. Questa volta il suo sguardo è femminile, anche se il conflitto che sostiene la protagonista è universale. Ciascuno di noi può scegliere il proprio confine; esterno e interno. Ciascuno lascia entrare chi vuole. Se quell'intimità viene invece violata - da un genitore, un prete, un compagno, un insegnante, un collega - da qualsiasi persona che detiene in quel momento il potere, ecco che si accende la storia, scritta da (Cristiana Mainardi). Nina è una giovane donna alle prese con un nuovo lavoro. Dopo un periodo di prova il grande capo tenta di sedurla. Come miccia tutti si sarebbero aspettati un azione sessuale degna del cinema americano, eppure tutto resta dentro ai pantaloni. Si può infatti violare i confini di qualcuno anche attraverso uno sguardo. Come dobbiamo comportarci? Il dubbio è antico come il mondo. La storia di Nina non è solo la storia di moltissime donne; troppe. Un tema così complesso prende per forza la strada della semplificazione; un tema così importante non può essere appannato da una visione autoriale egocentrica. L'azione del regista arriva preciso al punto e tiene stabile ogni dettaglio. Gli attori sono il fiore all'occhiello. Facce sconosciute al grande schermo tutte inserite alla perfezione; i volti femminili commuovono (Adriana Asti, Anita Kravos, Vanessa Scalera) e i comportamenti maschili irritano a dovere (Bebo Storti, Valerio Binasco, Stefano Scandaletti). Cristiana Capotondi è la nostra "madrina" mai profondamete "spezzata", - se non dalle lacrime che colmano i bellissimi occhi - il coraggio è bene descritto ma appartiene di più alla scrittura, alla regia e a tutta l'ambietazione umana che sostiene la storia.
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