Regia di Taiji Yabushita vedi scheda film
Questa splendida opera d'animazione è un vero e proprio gioiello dei tempi passati, quando pazienza ed abilità più simili a quelle dell'artigiano che a quelle del fotografo-regista dovevano essere requisiti primari di chi voleva materializzare le proprie idee di fantasia e costruirle - a tutti gli effetti - dando vita a disegni su carta lucida.
La leggenda del serpente bianco (Hakujaden) è riconosciuto come il capostipite dell'animazione giapponese moderna, il secondo lungometraggio animato creato in Giappone - dopo Momotato: Umi no Shinpei (1945), film di propaganda distribuito in patria nel pieno svolgimento della Seconda guerra mondiale - e il primo realizzato a colori grazie alla mano della Toei Doga (oggi Toei Animation), storicamente il più importante studio di animazione nipponico. La Toei Doga, fondata nel 1956 come divisione della Toei Company, venne istituita dopo l'acquisizione da parte della stessa Toei Company dello studio di animazione Nihon Doga Eiga, compreso parte dello staff. Proprio a tali animatori professionisti fu subito commissionata dal presidente Hiroshi Okawa la realizzazione del primo lungometraggio del neo-costituito studio. A Taiji Yabushita vennero affidate la sceneggiatura e la regia dell'opera, mentre a Yasuji Mori e ad Akira Daikuhara venne chiesto di occuparsi della direzione delle animazioni. Cominciò così la lavorazione del film d'animazione giapponese più importante di sempre; per esemplificare, dello stesso rilievo che ebbe Biancaneve e i sette nani nel 1937 per l'animazione prima occidentale e poi mondiale.
Ad opera conclusa, il forte interesse della Toei Doga verso il mercato estero si rivelò ben presto un fattore vincente. La leggenda del serpente bianco, infatti, nel 1959 venne presentato alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia (aggiudicandosi il Diploma speciale per i film a soggetto per ragazzi da otto a dodici anni), mentre nel 1961 venne distribuito in sala negli Stati Uniti d'America, divenendo così uno dei primi lungometraggi animati proiettati fuori dal Giappone.
Trailer - Hakujaden (Toei Doga, 1958)
La storia riprende un'antica leggenda che narra di un amore tra un giovane nobile ed un yokai, spirito immortale che nel folklore orientale ha sempre una doppia sembianza: una terrena animale ed una umana illusoria. Gli yokai sono cacciati per via della loro indole malvagia. Si dice, infatti, che utilizzino le sembianze di una ragazza aggraziata e dai modi gentili per attirare giovani incauti, ammaliarli e successivamente derubarli o ucciderli. I protagonisti, tuttavia, provano sentimenti puri l'uno verso l'altro, ma dovranno superare molti ostacoli prima di poter finalmente vivere il loro grande amore in pace e serenità.
La leggenda del serpente bianco rappresenta l'avanguardia della tecnica animata tradizionale utilizzata in Giappone fino alla sua realizzazione. Sono presenti chiari riferimenti stilistici ai grandi maestri della protoanimazione nipponica Kenzo Masaoka e Noburo Ofuji. Yabushita, infatti, dirige i piani di immagine muovendo spesso lateralmente la carta animata; servendosi di vettoriali isometrici, costruisce la prospettiva inscenando sia sequenze dal ritmo moderato, dal respiro ampio ed elegante sia sequenze d'azione frenetiche a terra, in mare e addirittura aeree. Questo secondo gruppo di sequenze, dinamico, dirompente e fluido durante tutto l'arco di durata delle scene, definisce la massima espressione tecnica e artistica dell'opera. Le onde che si infrangono sulla scogliera [che ricordano quei meravigliosi quadri animati rappresentanti la furia dell'oceano e della balena in Pinocchio (1940)] e gli incantesimi lanciati dal bonzo sono sequenze che nulla hanno da invidiare alle animazioni della Golden Age Disney (1937-1942). Non si tratta di qualcosa di sorprendente, tuttavia, se si ricorda che Taiji Yabushita è colui che, una ventina di anni più tardi, animerà l'intero inseguimento in macchina all'inizio di Lupin III: Il Castello di Cagliostro (1979). Musiche e scenografie coronano la suggestiva, sognante e bizzarra atmosfera che trasporta l'osservatore per tutta la durata dell'opera. Animazioni e sonoro, infatti, collaborano sempre in stretto contatto per delineare ogni incantevole ambiente che costituisce il magico, antico e misterioso mondo de La leggenda del serpente bianco. Questa splendida opera d'animazione è un vero e proprio gioiello dei tempi passati, quando pazienza ed abilità più simili a quelle dell'artigiano che a quelle del fotografo-regista dovevano essere requisiti primari di chi voleva materializzare le proprie idee di fantasia e costruirle - a tutti gli effetti - dando vita a disegni su carta lucida.
La Toei Doga, con questo lavoro colossale - per l'epoca - riuscì nel 1958/59 ad espandere la cultura giapponese nel mondo e, soprattutto, aprì le porte dell'era degli anime. Dagli anni successivi, infatti, l'esplosione del fenomeno anime trasformò radicalmente l'industria, gli usi, i costumi dei giapponesi in maniera irreversibile. Grandi nomi di mangaka e/o animatori come Osamu Tezuka, Shigeyuki Hayashi, Hayao Miyazaki, Isao Takahata, Osamu Dezaki presero questo film come punto di riferimento per produrre la propria arte, perciò La leggenda del serpente bianco, pur non essendo un capo d'opera [****] per via della semplicità del racconto e del ritmo alle volte poco scorrevole, si distingue tra le tante opere d'animazione come la pietra miliare, per eccellenza, dell'intera animazione giapponese moderna.
Ps: valutando in base 5, quindi senza attribuire mezze stelle, considero La Leggenda del Serpente Bianco ottimo e con difetti che non ne screditano la riuscita complessiva (3 stelle) e non un capo d'opera, ovvero un film da quattro stelle piene. Specifico tale metodo di valutazione per evitare di creare confusione tra recensione scritta e voto assegnato.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta