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Il filo nascosto

Regia di Paul Thomas Anderson vedi scheda film

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La recensione su Il filo nascosto

di champagne1
6 stelle

"se è un gioco a chi distoglie prima gli occhi, perderai..."

Il famoso sarto Reynolds, i cui eleganti e perfetti abiti sono richiesti e desiderati in tutto il Regno Unito, si invaghisce della giovane e goffa cameriera Alma. La prima sera insieme tutto l'interesse che l'uomo sa mostrare alla ragazza è un a suo modo erotico gioco in cui le fa provare splendidi abiti e le prende le misure corporee, sotto il vigile sguardo (e olfatto) della propria sorella Cyril. Ma Alma dimostra di saper resistere in piedi quanto nessun altra avrebbe mai potuto fare. E Reynolds se la porta con sé nel suo lussuoso palazzo-laboratorio di Londra...

Da un lato la vita squadrata, routinaria di un genio della sartoria (pare che il personaggio sia ispirato allo spagnolo Balenciaga); dall'altra la voglia di improvvisare, di divertirsi, di derogare alle regole della giovane donna. Una commistione perfetta? gli opposti che si incontrano?

Anderson prova a raccontarci di come le persone, quando si incontrano, spesso non si limitano ad accettarsi ma vogliono cambiare qualcosa (o tutto) dell'altro. E questo cambiamento è da un lato ostacolato, ma dall'altra ambito perché potrebbe permetterci di far emergere quei frammenti di vulnerabilità che altrimenti si è ben lungi dal poter esibire. Ma anche che il tema della possessività diventa talora un aspetto nevrotico, se non ossessivo, della nostra esistenza.

Avviene tutto in un contesto di grande eleganza e cura ad impronta quasi Viscontiana: Paul Thomas Anderson ci presenta con riprese sinuose e un sonoro impeccabile i luoghi, i tessuti, i busti che fanno parte di quel mondo che vuole descrivere. Eppure la storia, lo sfondo edipico, la fragilità del personaggio apparentemente più forte sono una riproposizione un tantino troppo cerebrale e letteraria di una trama già sviluppata altrove. Certe opere recenti (penso a Venere in Pelliccia o a Lady Macbeth) hanno compiuto operazioni simili, forse con meno eleganza , ma con maggiore intensità e partecipazione emotiva, quando invece nel film di Anderson il finale è persino straniante.

Una smagliatura su tutte è l'utilizzo delle scene-chiave svolte in cucina ripetute due volte in sostanziale fotocopia, tanto da ridurre visibilmente quell'eleganza fino ad allora apprezzata.

 

Resta comunque l'apprezzamento per tanta meticolosa raffinatezza a contorno di un'idea perversamente dissacratoria e per le performance degli ottimi attori.

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