Regia di Raffaello Matarazzo vedi scheda film
Ora che i melodrammi non usano più (o li si truccano) Matarazzo resta un regista da non dimenticare. Il suo cinema "popolare" oggi è giudicato con rispetto. CATENE merita di più: è un bel film e anche un film importante. Insieme ad Amedeo Nazzari, Yvonne Sanson, l'attrice che ha pianto e saputo far piangere più di ogni altra.
CATENE (1950) *
Dopo una partita a biliardo giù al bar, non ho preso le chiavi, poco prima delle 23 suono il campanello, lievemente per non svegliare la bimba che ha poco più di un anno, mi apre mia moglie, vedo che gronda lacrime, scappa di corsa nella stanza attigua all'ingresso.
Il cervello è rapido: penso il peggio, non l'ho mai vista così!
E invece no: stava finendo di guardare "Catene" e non voleva interrompersi. Sollievo dopo una gran paura.
Non era il 1950: anche all'inizio del '67 una mamma, appena ventiduenne, piangeva eccome.
Io questo film l'ho visto oggi per la prima volta. Non ho pianto, certo, ma mi sono commosso: ad una certa età, credetemi, capita più spesso; o forse anche quel ricordo avrà influito.
Sentimentale e drammatico (così la scheda di Wikipedia), melodrammatico o mélo che dir si voglia, credo non si possa negare che è un bel film.
E probabilmente non hanno sbagliato ad inserirlo - unica opera di questo regista - fra i "100 film italiani da salvare" prodotti fra il 1942 e il 1978: è un film "importante", non certo solo per questo ma anche.
E pure Raffaello Matarazzo, ora che i melodrammi non usano più (o li si truccano), resta un regista da non dimenticare.
Non è vissuto a lungo (57 anni) ma ha diretto una quarantina di film a partire dagli anni trenta, periodo nel quale fu anche sceneggiatore per altrui regie una decina di volte.
I successi di pubblico negli anni cinquanta furono clamorosi (solo in Italia - fu detto - tante opere in grado di competere con i melodrammi d'oltre oceano!).
In quel decennio però la critica fu feroce con lui, costretto nel successivo a poche pellicole non nelle sue corde; nulla cambiò anche dopo il '66, anno della sua morte. Per poi ricredersi e rivalutarlo a partire dagli anni settanta. Oggi, il suo cinema "popolare" è giudicato "con rispetto". "Catene", a mio avviso, merita di più.
Personalmente, perchè ritengo importante questo film?
Ma bisognava proprio aspettare il taglio ironico di "Divorzio all'italiana", undici o dodici anni più tardi, perchè nel nostro paese almeno le donne (con diritto di voto dal '46) riuscissero a far sentire forte la loro voce per eliminare l'obbrobrio del "delitto d'onore"? Certo che... sì.
"Catene" ebbe forse un pubblico ancor più vasto del successivo film di Germi e quell'oscenità la mostrò già in modo esplicito, addirittura esposta con riferimenti precisi ai Codici da un Avvocato e risolta in un'aula di Tribunale.
Eppure "certo che sì" è la risposta esatta alla domanda retorica di cui sopra, anzi... un'opinione pubblica ben più sensibilizzata dal film del '61dovette aspettare altri VENTI anni per ottenere dal suo Parlamento, nel 1981(!), l'abolizione del famigerato articolo 587 del Codice Penale! Che è bene non dimenticare:
"Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagioni la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella."
Contiene anche la "finezza" di apparire in linea col dettato costituzionale (che non vuole discriminazione, fra gli altri motivi, per differenza di genere) parlando "del coniuge". Cioè valeva anche per la moglie che uccidesse il marito o l'amante di lui (fattispecie pressochè inesistente). Poi, vabbè, "figlia o sorella" (solo femmine) e di qualsiasi età, tanto per non discriminare.... Pazzesco!
Nel film, si arriva all'assoluzione perchè viene riconosciuta la sacra "legittima difesa"; ma il problema del delitto d'onore è posto all'attenzione degli spettatori in modo chiarissimo, almeno per gli uomini di legge e credo anche per i politici.
E' per questo secondo me, non solo perchè parla della gente comune ma anche perchè tratta di un problema, di Giustizia, che è reale quanto le miserie del dopoguerra e temi simili (e protrattosi ben più a lungo), che a buon diritto oggi i più considerano il film di Matarazzo inserirsi, per mèlo che sia, nel neorealismo, o almeno "neorealismo d'appendice". All'uscita del film era stato scritto:
"E' l'atto di morte dell'esperienza neorealista".
Non mi sembra il caso di riassumere la trama: ripeterei le parole della scheda di Filmtv (°).
Circa i due protagonisti, dico subito che di entrambi ho una conoscenza scarsa.
Amedeo Nazzari, qui 43.enne, sul grande schermo non l'ho mai veduto: solo, e distrattamente, spezzoni di film in tv. E poi, recentemente, ho visto come si deve "Il lupo della Sila" apprezzando molto la sua interpretazione. Fisicamente perfetto per la parte, recitazione "dura" accompagnata da una personalissima parlata "secca" e scandita, molto adatta a quel ruolo di uomo inflessibile. Di questa ottima impressione ho avuto conferma anche in questo film, seppur il ruolo sia meno "caratterizzato". Mi è venuto da pensare, ma, ripeto, la mia conoscenza è minima: potrebbe essere il John Wayne italiano.
E mi sono anche ricordato che nel primissimo Atlante geografico che mi fu fatto usare (dunque 1949, direi) c'era il volto di un giovane Nazzari a simboleggiare la nostra "razza": non ricordo se bianca, europea, italiana o peggio.
Yvonne Sanson, qui 24.enne, l'ho sicuramente vista in qualche film ma naturalmente non nei melodrammi con Nazzari che le hanno dato la notorietà. In questo film, nel quale dimostra, come il ruolo richiede, qualche anno in più, l'ho trovata molto brava: se far ridere non è da tutti, neppure far piangere lo è, quale che sia il copione bisogna essere attrici e non solo belle donne.
Il successo del film credo sia da ascrivere in gran parte a lei.
Conoscenza quasi nulla, dunque, però... abitiamo a Bologna e cambiammo casa nel 1990: Yvonne Sanson, che aveva già superato i sessanta, per qualche anno la si vide spesso...dal fruttivendolo. Evidentemente abitava nei pressi di casa nostra, faceva la spesa, tratto signorile, viso classico (era greca), curata anche nei capelli, biondi, vestiva semplice, si potrebbe anche dire "modesto", ispirava simpatia. Insomma, le si voleva bene, specie le signore che ricordavano i suoi film, le quali avevano da parlottarne un po', ma dopo che se n'era andata. Poi non la si vide più e si pensò avesse cambiato abitazione se non città. Sapemmo dai giornali (ben poco dalla tv) della sua morte avvenuta a Bologna una decina d'anni dopo (2003).
Nazzari nel film è Guglielmo, un meccanico. La Sanson sua moglie Rosa. I loro pargoli mi pare si chiamino Anna e Tonino e non azzardo i nomi degli interpreti. Emilio, antico fidanzato di Rosa, è interpretato da Aldo Nicodemi (attore deceduto a soli 44 anni nel 1963). Amalia Pellegrini interpreta il ruolo della madre di Guglielmo. Ci sono poi due Avvocati interpretati da Aldo Silvani (Accusa) e Nino Marchesini (Difesa). Ed infine, l'unico da me conosciuto, il grande cantante Roberto Murolo: è un emigrante e si limita a deliziarci con una struggente canzone.
Il Soggetto è di Libero Bovio e Gaspare Di Maio. Sceneggiatura di Aldo De Benedetti e Nicola Manzari. Scenografia di Ottavio Scotti. Montaggio di Mario Serandrei. Musiche di Gino Campese.
La mia opinione su "Catene" è ampiamente positiva: quattro stelle (♥).
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O forse 1949, non sono sicuro: altrove così risulta.
(°)
Salvo correggere il nome del meccanico interpretato da Nazzari: non Pietro bensì Guglielmo.
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Post scriptum del 18.6.17:
(♥) Voto che - dopo aver visto e rivisto tanti altri film degli anni quaranta e cinquanta - mi sento ora di modificare in **** e mezza
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