Regia di Raffaello Matarazzo vedi scheda film
Parliamoci chiaro: a distanza di sessant’anni, Catene trasmette una tenerezza infinita. Se ai nostri nonni fece versare fiume di lacrime, a noi, nipotini l’intreccio “incatenato” non può che far sorridere. Meno improbabile de I figli di nessuno, più realistico, pur inevitabilmente datato, non va sottovalutato. Catene è l’esempio più eloquente di quel cinema strappacore che era di grido nell’immediato dopoguerra: attraverso le traversie umane dei due protagonisti, il pubblico riusciva a svagarsi, e al contempo ad immedesimarsi nella storia. L’identificazione si ha grazie alla ricostruzione dell’ambiente, perfettamente in sintonia con le esigenze economiche ed umane del popolo italiano di allora. Guglielmo e Rosa non sono ricchi e borghese, ma umili lavoratori, proletari, non idealizzati, ma estrapolati dalla vita di tutti i giorni. La golosità macabra sta poi nell’inserirli in un contesto assolutamente fuori dal comune, tra corna presunte e delitti d’onore, gelosia a gogò e figli problematici.
Melodramma popolare e chiassoso, il modo con cui Matarazzo (professionista del genere) orchestra l’accorato dramma è speculare ed analogo alla tecnica melodrammatica di Douglas Sirk: Matarazzo non può mostrare visivamente ciò che vorrebbe. Lascia intendere il sesso e l’uccisione del terzo incomodo, non può palesare per pudore e rispetto, si immerge nel dramma e considera le convenzioni sociali dell’epoca. La moralità e la decenza vincono sul resto. Ciò fu. Un cinema onesto e robusto, che oggi fa sorridere per la semplicità della del tocco. Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson sono superlativi nell’incredibilità della loro recitazione. Visto oggi il finale, per la sua ingenua e perfida ragionevolezza, scatena una risata fragorosa – nonché rasserenata. Catene è ormai entrato nella leggenda grazie al romantico Peppuccio Tornatore, che lo celebra in una scena memorabile di Nuovo cinema Paradiso, in cui il maniscalco Tano Cimarosa ripete a memoria i dialoghi del film (tra l’altro, sceneggiatura non male, a cui mise mano anche Aldo De Benedetti, grande autore di commedie).
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