Regia di Mehdi Idir, Grand Corps Malade vedi scheda film
Il racconto fortemente autobiografico di una rinascita: uno sportivo ventenne immobilizzato a causa di un incidente ritrova la forza per tornare a camminare e la consapevolezza di rinunciare ai suoi condivisibili sogni di gloria. Un film che punta ai sentimenti più schietti senza sconfinare nell'inutile melodramma.
Da quando Ben apre gli occhi e riprende coscienza in seguito ad un importante intervento alla spina dorsale, cominciamo a seguire instancabilmente l’uomo, anzi il ragazzo, pressoché immobilizzato a causa di un incidente in piscina (un tuffo gli ha procurato una lesione gravissima con danni quasi totali alla motorietà del corpo).
Ben è, anzi era, un atleta di basket, promessa vicina alla realizzazione in tale ambito sportivo.
Nel centro di recupero ove i genitori lo portano, l’intenzione dei medici è di sottoporre il ragazzo ad una cura intensiva volta a cercare di fargli riprendere anche solo parzialmente la propria capacità di deambulazione, in quel momento quasi completamente compromessa – il ragazzo muove a malapena solo un braccio e la testa.
Ma oltre al recupero fisico, per Ben sarà importante prendere consapevolezza che i suoi sogni di protagonismo ed eccellenza in ambito sportivo sono ormai definitivamente compromessi, e che l’unica tappa possibile è cercare di tornare ad un livello di autosufficienza più sostenibile possibile.
Grazie ad una equipe medica e professionistica d’eccellenza, i progressi del giovane non tarderanno a concretizzarsi, e l’ospedale diventerà una casa, un luogo di amicizie e persino di affetti protesi a qualche sentimento più complesso.
Film autobiografico in cui uno dei due registi, Fabien Marsaud, che da tempo è noto in Francia come poeta di “Slam” (quasi un rapper ma con una più curata propensione al testo e alla poetica) e ha scelto, provocatoriamente, ma non solo, il nome pertinente di “Grand Corps Malade”, si racconta in quello che è la sofferenza fisica, prima di tutto, ma anche psicologica, nell’accettarsi in condizioni devastante solo a pochi giorni dal momento in cui ci si sentiva eroi del momento, in grado di piegare a sé il mondo intero.
Il film conta su un cast davvero efficace e variegato, proteso a rendere pazienti e personale medico ed infermieristico altamente credibili e soprattutto “sostenibili”: il film infatti appare circostanziato e concreto, evitando facili momenti ricattatori o inutili piagnistei, per concentrarsi sul concreto, sui tentativi di progredire, di recuperare anche laddove i sogni di un trionfo agonistico sono inevitabilmente tramontati.
Davvero bravo e credibile il sensibile protagonista, che interpreta un personaggio finemente costruito e raccontato, e che trova nel volto simpatico e gradevole di Pablo Pauly, la sua più riuscita e coerente rappresentazione.
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