Regia di Kenneth Branagh vedi scheda film
Modesta trasposizione del capolavoro della Regina del Giallo, malgrado il grande impiego (o spreco) di risorse.
Uno dei più famosi romanzi di Agatha Christie ma, per molti versi, uno dei meno riusciti e la resa cinematografica non fa che acuire le forzature presenti nella trama. Il Poirot di Kenneth Branagh ha il pregio di provare a svecchiare il personaggio letterario e cinematografico ma lo fa rendendolo ridicolo. E non parlo solo del topo morto che si piazza sul labbro superiore e che mortifica i baffetti di storica memoria, ma anche dei momenti privi di pathos in cui lo stesso investigatore ricorda il suo amore perduto e - a memoria di un buon lettore di Agatha Christie - mai esistito. Sia chi lo conosce, che chi non ha mai letto o visto il vecchio Poirot, non può che trovare insipide e prive di significato, le pose romantiche del piccolo belga, di fronte alla foto dell'amata Meredith. Ciò che pesa di più, comunque, è l'inverosimiglianza di tutta la costruzione logica degli eventi e delle menzogne propugnate dai vari protagonisti, e l'acuirsi di caratteristiche quasi taumaturgiche del detective che riesce a indovinare ogni più insignificante dettaglio della vita del suo interlocutore, con un solo colpo d'occhio. Non che questo sia un problema, di per sé, soltanto non si capisce perché Branagh da un lato si sforzi di rendere il personaggio più vero, mentre con l'altra mano ne carica all'inverosimile le doti deduttive, rendendole inumane.
Il ricordo va, veloce, alla trasposizione di Lumet. Anche allora il cast era altisonante ma il livello era tutt'altro; un regista di caratura più elevata, altri interpreti, un termine di paragone che resta insuperato.
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