Regia di Kenneth Branagh vedi scheda film
Incrociamo il notissimo investigatore belga Hercule Poirot sulla via di Gerusalemme, tutto preso a risolvere uno dei suoi casi più complicati, e la cui soluzione avrà una soluzione plateale proprio a ridosso del muro del pianto, dopo un inutile forsennato incipit per la ricerca di due uova identiche e dalla giusta cottura, che agli sceneggiatori sarà parso utile per mostrare subito la pignoleria dell'uomo, molto consapevole delle proprie spiccate doti intuitive e per nulla propenso alla modestia.
Tramite cnonoscenze l'uomo riesce dunque a prendere al volo l'ultimo posto di una carrozza sull'Orient Express, che lo riconduca verso casa. Qui, nel lusso di un vagone con tutti i confort, l'uomo si trova davanti ad una fauna di personaggi eccentrici ed insoliti che acuiscono la propria voglia di comprendere e percepire cio' che si nasconde in ogni vita e recesso privato.
Ma quando, nella notte, un losco uomo d'affari, di cui Poirot aveva già fatto conoscenza, viene trovato morto assassinato, trafitto da svariate pugnalate, ecco che la situazione richiede l'intervento del celebre detective affinché scopra la verità prima dell'arrivo alla frontiera turca. Nel frattempo una slavina blocca pericolosamente il convoglio in bilico su un ponte ferrato, e le indagini espongono i passeggeri del convoglio interessato ad un confronto serrato che metta in grado il celebre nvestigatore di arrivare ad una soluzione.
Soluzione che immagino ognuno di noi ormai conosca, considerata la fama di cui gode uno dei più celebri romanzi di Agatha Christie, e del suo più celebre ed illustre adattamento a cura di Sidney Lumet, nei confronti del quale impossibile risulta non fare un parallelo, un raffronto, ad oltre quarant'anni di distanza.
E proprio da ciò che nascono i problemi o si mettono in evidenza i limiti di questo sontuoso adattamento: che non rinuncia al cast stellare (anche se, a vedere bene, i nomi che compongono questo variegato aggregato di star risultano sottotono se si osservano i componenti del ben più nobile e rispettoso - verso l'autrice - capostipite di Lumet, vero epicentro di raccolta di divi assoluti della Hollywood dei bei tempi), come è quasi sempre prassi negli adattamenti cinematografici dalla Christie.
Ma Branagh, che come attore possiede il carisma giusto ed appropriato per convincere nel ruolo del protagonosta (a parte quel paio di baffi improbabili e posticci che sfidano colla e gravità in modo temerario), si lascia prendere sin troppo dalla smania dell'azione (forse dopo aver diretto il Thor della Marvel gli pare naturale distrarsi ed ammaliare il pubblico con il movimento), che uccide ed annienta l'intrigo; circostanza che invece saggiamente Lumet, ben fedele all'autrice letteraria, esaltava nella definizione delle psicologie dei personaggi, qui, soprattutto per alcuni solo vagamente accennate.
E se dunque l'autore e protagonista qui si perde in spettacolari riprese computerizzate che puntano sul tortuoso viaggio del treno in procinto di attraversare dei Balcani che sembrano, per asprezza, innevamento e possenza di rilievo, una catena tibetana, la magia dell'intrigo svanisce presto ed il giochino diventa meccanico, scandito qua e là da qualche ripresa movimentata che vede lo stesso Poirot coinvolto in improbabili (per il carattere e l'indole dell'anziano investigatore) scene di lotta, sparatorie ed altre atletiche collutazioni.
Originale invece giudico la scelta di ambientare lo svelamento del mistero fuori dal treno, in una galleria gelata mentre il personale ferroviario sta eseguendo le rischiose operazioni per riportare il convoglio deragliato tra i binari: una scena che ricorda, pittoricamente, una sorta di Ultima cena, ove il colpevole è destinato a venir fuori, e la verità ad essere svelata; ma ove anche viene dato avvio ad un esame di coscienza doveroso che consente ancora una volta all'invincibile sagace detective di trovare la soluzione più pertinente rispetto alla pura realtà dei fatti, alla mera lettura di un verdetto che è appropriato conservi logiche morali più che comprensibili rispetto alla pura didascalia dell'accaduto; procedendo dunque al di là di quella che è la verità assoluta e schietta, agendo più sul senso di responsabilità che ha guidato la mano del "responsabile".
A conti fatti, questo nuovo "Assassinio" appare pertanto una versione non davvero orrenda come è stato scritto, ma certo pericolosamente ammodernata, stravolta da effetti speciali solo superficialmente galvanizzanti disposti ad uso e consumo di un pubblico distratto che sopravvaluta la forma a scapito della sostanza, e che probabilmente se ne infischia dello stile verboso a tratti, ma assai arguto ed avvincente di Agatha Christie, preferendo questa ed i suoi ammiratori, gli spazi limitati e costretti, alle seducenti vedute mobili a volo d'uccello che la tecnica moderna ci regala in cambio di un impoverimento della costruzione dei personaggi, tutti piuttosto schematici e monocordi.
L'annuncio a fine film di un appena avvenuto "assassinio sul Nilo", promette (o minaccia) ulteriori seguiti alle già celebrate trasposizioni cinematografiche della regina del giallo da parte del nostro Branagh. Lo sfondo di un tramonto arrossato tra nubi grigiastre che danno le spalle al nostro Poirot, appare indeciso quale spirito o stato d'animo augurare a questa incipiente eventualità di ulteriore remake.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta