Regia di Ferenc Török vedi scheda film
Alcuni deportati sopravvissuti stanno tornando nel villaggio: che diamine vorranno mai?
È un'opera tutto sommato anomala è interessante, sia per l'episodio minimale (ma rappresentativo) della storia che racconta, che per la scelta del bianco e nero. È interessante anche l'atmosfera sospesa e minacciosa che si respira sin dall'inizio, enfatizzata anche dalla musica.
Il motivo dell'allarme suscitato dal rientro dei deportati ebrei sopravvissuti viene svelato a poco a poco, via via che chi ha la coscienza sporca inizia ad agitarsi e mettersi in allarme. Accanto a ciò, corrono dinamiche familiari e matrimoniali non del tutto chiarite, che ruotano però ad un matrimonio d'interesse, purtroppo con il consenso della ragazza.
La pellicola mette in evidenza l'egoismo e l'opportunismo di molti durante gli episodi della storia più tragici e vigliacchi, come la deportazione degli ebrei, magari loro vicini di casa o addirittura amici. Ciò era avvenuto tra la pavidità e l'acquiescenza di molti, che magari mettevano a tacere la coscienza con i vantaggi materiali derivati, come l'acquisizione delle proprietà dei deportati. Purtroppo sono dinamiche meschine dell'uomo di ogni tempo: perché protestare e opporsi troppo ai rastrellamenti, se poi c'è lo stigma sociale, e dall'altra parte la possibilità di incamerare i beni dei deportati?
Ma la colpa è e rimane tale, nonostante tutte le autogiustificazioni. Coloro che se ne macchiarono, infatti, vengono presi dal panico o dalla disperazione, come il padre di famiglia che cerca di affogare il rimorso e la vergogna anche davanti a Dio ubriacandosi più che può. Altri, come il notaio, perseverano nell'ipocrisia e nella menzogna fino alla fine. E quelli come lui sono gli coloro i quali, in virtù dello stesso opportunismo, già collaborano con i sovietici nuovi venuti.
Per ora tutti sono costretti a riguardare al proprio passato, spesso scomodo. Svaniti i fumi della propaganda, venuta meno l'ipnosi collettiva, la politica antisemita dell'anteguerra appare in tutta la sua assurdità e crudeltà.
Se il film rappresenta bene queste dinamiche collettive, è un po' più incerto in quelle familiari, sentimentali e personali dei personaggi. L'incendio appiccato dalla ragazza, ad esempio, appare un po' eccessivo e gratuito, dettato più che altro dalla voglia di dare una nota amara e disperata a tutta la vicenda. Anche il rapporto con l'ex-fidanzato andava indagato un po' meglio. Infine, i sopravvissuti dei campi di sterminio risultano un po' inespressivi nella loro impassibilità.
È' un'opera non priva di difetti, ma da vedere per i suoi pregi, anche di indagine storica nel microcosmo di un villaggio ungherese.
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