Regia di Philippe Van Leeuw vedi scheda film
Non è la prima volta che il cinema racconta la guerra al di fuori dei luoghi deputati al suo normale svolgimento, facendola rivivere lontano dal campo di battaglia, attraverso l’esistenza di chi ne subisce le indirette conseguenze. Allo stesso tempo esiste più di un titolo in cui i fantasmi di questa tragedia derivano in parte dalla dialettica che si instaura tra la concentrazione dello spazio in cui si muovono i personaggi e le suggestioni create da ciò che rimane fuori campo. A questo proposito, a parte “Private” di Saverio Costanzo, opera destinata a fare epoca per scelte stilistiche e peculiarità produttive, vale la pena di citare i lavori dell’israeliano Samuel Maoz e, in particolare Foxtrot, appena uscito nelle sale italiane ed esempio di cinema che sa raccontare la guerra attraverso continue astrazioni narrative. Rispetto al modello appena citato, “Insyrated" risulta un lavoro più tradizionale, articolato su inattaccabili linearità spazio temporali e forte di una messinscena di interni che non diventano mai qualcos’altro - per esempio l’inconscio dei protagonisti o la metafora della loro condizione - e che sono destinati a rimanere tali anche quando gli incubi della morte entrano di prepotenza nella vita delle donne in attesa del ritorno a casa dei loro mariti.
Giunto all’opera seconda il direttore della fotografia Phillippe Van Leeuw dimostra di sapere controllare lo spazio scenico e di sapervi muovere le figure che lo attraversano, ma la sorpresa sta altrove: per esempio nella capacità di procedere per sineddoche, facendo del conflitto che si sviluppa tra le donne del nucleo famigliare il prototipo in scala minore di quello in corso per le strade del paese. Così. alla stregua di quanto è successo nel territorio siriano dove da un giorno all’altro le comunità locali si sono ritrovate una contro l’altra armate, così Insyriated ci mostra come l’alterazione degli equilibri famigliari, l’ansia e la paura riescano a disintegrare il sodalizio delle protagoniste, le quali, sole e indifese contro un nemico invisibile, reagiscono prendendosela con chi gli sta accanto. Aiutate da dialoghi tanto efficaci quanto essenziali a essere determinate per la riuscita del film sono la performance delle attrici, con una menzione particolare per Hiam Abbass, vera e propria icona del cinema mediorientale (La sposa siriana, L’albero di limoni) e per la new entry Diamand Bou Abboud, già apprezzata ne L’insulto.
(icinemaniaci.blogspot.com)
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