Regia di Joseph L. Mankiewicz vedi scheda film
Eccellente esordio per Mankiewicz alla regia, coronato dalle interpretazioni importanti della Tierney e di Price.
Non è infrequente trovare sul web meme che mettono a confronto "aspettativa" e "realtà". L'opera prima di Mankiewicz, Dragonwyck, si potrebbe tranquillamente inserire sotto tali insegne, visto che si impernia interamente sull'equivoco che nasce tra la non conoscenza di una cosa e la successiva, rivelatrice, esperienza. Miranda (interpretata dalla sempre incantevole Gene Tierney, che pare nata appositamente per ricoprire certi ruoli) è una volitiva e sognatrice ragazza di campagna. Il padre è il prototipo del perfetto bigotto all'americana, che a Dio e alla Bibbia si rivolge per trovare le risposte ai problemi del quotidiano. Questo semplice background agreste viene sconvolto dall'arrivo di una lettera, con la quale un fantomatico e ignoto cugino, il ricco possidente Van Ryn (Vincent Price), invita una delle ragazze della famiglia a trasferirsi presso il suo castello per svolgere la mansione di accompagnatrice di sua figlia Katrine. Ovviamente a spingere per poter andare è proprio la nostra Miranda, tra le diffidenze e le perplessità dei suoi genitori, che alla fine debbono cedere. Miranda si figura di recarsi in un luogo di sogno. Da lontano, sull'imbarcazione che la porterà a destinazione, Dragonwyck le appare come un castello delle favole. Ivi pensa che troverà romantici balli di corte e nobiltà cavalleresca. E Nicholas Van Ryn è senz'altro il principe azzurro venuto a strapparla al suo fato da Cenerentola. Tutto questo si rivela crudele menzogna. Van Ryn è uno schiavista che tiranneggia sui suoi mezzadri, è un padre e un marito assente, non è quel che si dice un timorato di Dio, e più in là lo scopriremo drogato, e assassino. La nobiltà è un ricettacolo di vecchi incartapecoriti e di oche starnazzanti, che rigetta Miranda come corpo estraneo. E il castello, più che un luogo fiabesco, è un gigantesco, sperduto e abbandonato monumento funebre che somiglia non poco, per concezione, alla Xanadu di Quarto potere, o alla residenza di Norma Desmond in Viale del tramonto, che pure sarebbe giunta sugli schermi solo 4 anni dopo. Solo i fumi di un amore ingenuo irretiscono i pensieri di Miranda e le impediscono di guardare la verità che quasi fin da subito è sotto gli occhi dello spettatore. L'apparir del vero è un evento che tuttavia Miranda saprà affrontare con inattesa dignità: «A volte il sogno è molto realistico, al punto che si confonde con la realtà. Ma quando ti svegli poi, e ti guardi intorno, ti sorprendi a dire: "Come mi trovo qui e che cosa cerco? Che rapporto c'è fra tutto questo e ciò che sono?" E allora ti accorgi che era stato un incubo, e invochi di nuovo padre e madre». Ritorno alle origini. Sipario.
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