Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film
Un’opera potente, inquietante e ambiziosa, a tal punto da meritare un Premio Speciale a Cannes 2018.
Godard, dopo aver violato e reinventato la grammatica cinematografica negli anni ’60, nel 2018 dimostra che la ricerca di nuovi linguaggi, nonché di nuove esperienze, è ancora possibile, benché la maggioranza sostenga che tutto è stato inventato e viviamo solo di rendita.
“Le livre d’image” è un viaggio, e come tale è molto discutibile. Non c’è trama lineare o story concept, ma uno stream of consciousness, un flusso di coscienza attraverso voice over del regista, che accompagna materiali di diversa entità, spezzoni di altri film, panoramiche, scenari contemporanei, opere d’arte.
Il tutto costituisce un personale collage che rielabora il passato e il presente, riprende vecchie immagini non per mero citazionismo, ma da una parte per un processo di ricontestualizzazione, attraverso diversi espedienti di messa in quadro che vanno dal viraggio a bruschi tagli, da sovrapposizioni a cambi repentini di formati; dall’altra per una destabilizzazione di chi lo guarda: molteplici saranno le sensazioni, dalla paura all’effetto quasi ipnotico, grazie ad un ritmo incalzante e a bruschi cambiamenti di argomentazione e discorso.
Un film saggio che, consapevole della lezione del Marker di “Sans Soleil”, mixa, rielabora e parla, aggiornando il genere, aggiungendo elementi inquietanti alle riflessioni, non lasciando fiato al povero spettatore, costretto a significare ciò che sta vedendo, e perché no, a farlo suo.
Nonostante i titoli intermittenti, il dialogo principale è tra l’opera d’arte, cinema e pittura, e il reale, focalizzato sulle guerre in Oriente, e con nuove riprese panoramiche calde in vari paesi arabi, senza attori. Dopo una prima parte che associa e dissocia spezzoni di classici, da “Johnny Guitar” a “Salò” (esempio di brusca interruzione dell’immagine, seguita da schermo nero in cui i dialoghi assumono una valenza quasi infernale), nella seconda le riflessioni del padre della Nouvelle Vague affrontano soprattutto l’entità della guerra, insita nell’essere umano.
Nel finale, dopo l’elenco delle opere presenti, Godard finisce il discorso con voce rauca, modificata, resa più profonda, quasi a voler dimostrare la fatica nel costruire un nuovo oggetto cinematografico di tale portata, in grado di svegliare lo spettatore, magari facendolo arrabbiare, ma comunque costringendolo a interpretare.
“Il libro illustrato” che integra la letteratura nel cinema.
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