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Mio figlio

Regia di Christian Carion vedi scheda film

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La recensione su Mio figlio

di alan smithee
6 stelle

CINEMA OLTRECONFINE - FESTA DEL CINEMA DI ROMA 2017: SELEZIONE UFFICIALE

Le ambizioni lavorative e l’assenza da casa che la propria occupazione spesso comporta, diventano in molti casi la miccia fatale per far saltare un matrimonio, e la famiglia che ne sta alla base.

Julien è un uomo perennemente in viaggio e per questo ha sacrificato la propria vita familiare. Quando la ex compagna lo contatta dal paese montano ove vive col loro figlio di sette anni, comunicando in lacrime che quest’ultimo è scomparso dal ritiro per ragazzi a cui la madre lo aveva indotto ad andare (di malavoglia), il padre torna nell’antica casa familiare e, in un crescendo di angoscia che lo rende ostile e diffidente, nonché facile all’ira e all’azione convulsa, si mette in prima persone a caccia di ogni indizio utile per il ritrovamento del piccolo. Conscio che in una zona di montagna come quella, il trascorrere invano di ogni minuto fa diminuire drasticamente le possibilità di ritrovare vivo il bambino.

Dopo una serie di clamorose cantonate, di scatti d’ira incontenibili e violenze anche gratuite, l’uomo, grazie alla sua forsennata costanza, riuscirà a trovare la pista giusta, e a farsi valere come uomo e come padre, sgominando peraltro una banda di loschi trafficanti mossi dai fini più aberranti che si possa immaginare.

Non c’è molto altro in questo film secco e duro, che viene subito al dunque centrando il bersaglio e puntando al sodo: c’è lo sguardo atterrito di una madre bella e bionda, ma inconsolabile che ha il volto gradevole ed aggraziato di Melanie Laurent, e c’è quello prima incredulo e quasi inebetito, che si tramuta presto in una espressione da cacciatore di verità, del marito.

Un nuovo “giustiziere” alla Charles Bronson, che trova nel volto pietrificato e nella recitazione nervosa del valido Guillaume Canet, un suo punto di forza e la sua ragion d’essere più convincente.

Peccato per quel finale così rassicurante e pacificatore, che smorza malamente una tensione ed un accumulo di emozioni piuttosto validamente condotte dal regista Christian Carion, da tempo attivo in Francia, ma di cui non conosco, fino a questo momento, l’opera precedente.

Belle ed efficaci le location, la natura ostile che circonda sparpagliate intimità familiari e raduna individui reduci da matrimonia falliti. Di grande tensione i momenti in cui il protagonista si introduce nella casa di un sospettato, rendendoci come partecipi del suo sopralluogo clandestino, e le sue sconclusionate e dannose azioni istintive ai danni di chi erroneamente si ritiene colpevole, invidiandone il nuovo ruolo di marito affettuoso e patrigno dalle dubbie responabilità al riguardo. 

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